Noi non siamo né estremisti, né filoputiniani. Siamo espressione di quella maggioranza degli italiani che vorrebbe meno invio di armi all’Ucraina, più cooperazione internazionale, più sforzo diplomatico. In tutta la rete ‘Pace e Disarmo’, che raccoglie più di 60 organizzazioni territoriali e grossi sindacati come la Cgil, non c’è nessuno che abbia mai espresso posizioni filoputiniane”. Così, a “Otto e mezzo” (La7), Martina Pignatti, direttrice dei programmi di cooperazione dell’ong “Un ponte per”, risponde alla conduttrice Lilli Gruber, che evidenzia come l’attuale polarizzazione del dibattito italiano sulla guerra Russia-Ucraina porti a definire “filoputiniani” i pacifisti.

Pignatti precisa: “La mia associazione lavora in Siria, dove abbiamo visto i massacri compiuti dal regime di Assad, armato e formato da Putin. Sappiamo di cosa è capace Putin. Sono stati contati oltre 350 massacri commessi direttamente dalle forze russe in Siria. A questo ci siamo sempre opposti e sappiamo fino a dove può arrivare Putin. Per questa ragione non vogliamo vedere l’Ucraina fare la stessa fine della Siria. Ricordo che in Siria la comunità internazionale ha armato diverse forze dell’opposizione siriana, facendo diventare quella che era una rivoluzione civile dei siriani in una proxy war“.

E chiosa: “Auspichiamo una soluzione diplomatica del conflitto. Il segretario generale dell’Onu si è reso disponibile, ma dagli Usa e dall’Ue non è mai stato avviato un tavolo negoziale serio. Non si ascoltano le diverse voci che vengono dall’Ucraina, neanche quelle dello stesso governo ucraino. Le nostre organizzazioni di peacebuilding hanno avuto una interlocuzione diretta con la viceministra ucraina per la Gioventù e lo Sport, Marina Popatenko – conclude – La viceministra ha espresso una fortissima domanda di formazione nel sostegno ai giovani ucraini per dar loro skills, cioè capacità di gestione non violenta del conflitto, di resistenza al trauma, di capacità di prendersi cura della popolazione ucraina. Abbiamo anche reti internazionali di università per la pace, che vorrebbero aprire interlocuzioni con le università ucraine proprio per lavorare sulla gestione non violenta del conflitto”.

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