Se puoi sognarlo, puoi comprarlo. Mentre Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo, fa shopping nella Silicon Valley allungando le mani su Twitter, il povero Donald Trump è ancora impantanato in quello che inizialmente era un progetto dello stesso patron di Tesla: crearsi da zero, o quasi, un social su misura. Ebbene, a due mesi dal suo rilascio ufficiale avvenuto in concomitanza con il Presidents’ Day, “Truth” si mostra per ciò che è: l’ultimo disastro targato The Donald.

A pesare sulla buona riuscita dell’operazione – confezionare una copia sbiadita del social dell’uccellino azzurro – sono stati soprattutto i troppi bug e ritardi che ne hanno caratterizzato le prime settimane di vita. L’app, disponibile solo su App Store in Usa e Canada, ha resistito appena qualche giorno al primo posto della classifica delle più scaricate prima di scivolare fuori dalla Top 200. Secondo The Daily Beast i download giornalieri ormai non toccherebbero la soglia dei diecimila. La piattaforma che doveva andare a regime entro fine marzo, stando a quanto dichiarato dall’amministratore delegato ed ex membro del Congresso Devin Nunes, ancora oggi pone i Truthsayers di fronte a una serie di problematiche tecniche e rallentamenti. Link fuori uso, errori misteriosi, ma soprattutto in fase di registrazione l’odiosa coda virtuale lunga svariate centinaia di migliaia di utenti. Sbrigate tutte le procedure, profilo alla mano, le cose non migliorano: il coinvolgimento è tremendamente basso e per portare un hashtag in tendenza bastano appena mille post.

Altra nota dolente per i possibili avventori sono i termini di servizio, fin troppo stringenti per un social che prometteva “libertà” assoluta e l’assenza di ogni tipo di censura: niente falsità, diffamazioni, minacce, divieto pure di farsi beffa dei padroni di casa – già diversi account parodia sono stati bloccati. Più tollerati, invece, sono i fake d’altro tipo, nello specifico i profili istituzionali fasulli: dalla Cia all’Fbi (entrambi hanno già chiesto la rimozione immediata dalla piattaforma) passando per la Casa Bianca, il Dipartimento di Giustizia, l’Esercito. Massiccio è poi l’utilizzo di bot per simulare la presenza attiva di vari brand e testate d’informazione che, segnalati da un disclaimer, non fanno altro che riversare su Truth contenuti pubblicati su altri social. Per il resto, il paesaggio è semi-desertico: la Trump Family a fare numero non basta, oltre alla curiosa assenza di Fox News mancano all’appello tante, troppe, personalità di spicco del mondo conservatore come Steve Bannon e Rudy Giuliani.

Ma il primo a latitare sul social che doveva rimpiazzare i cinguettii negati è lo stesso padrone di casa. Nella nuova piazza virtuale che ha ragion d’essere nella sua persona, Trump non si fa vedere da un bel po’. “Preparatevi! Il vostro Presidente preferito arriverà presto” è l’unico messaggio, per altro impersonale, postato dal tycoon in data 14 febbraio. Nonostante abbia elogiato pubblicamente i risultati di Truth – “incredibile successo” – pare sia, comprensibilmente, tutt’altro che entusiasta. Secondo il Washington Post avrebbe detto a uno stretto consigliere che l’app “non è pronta per la prima serata” e infatti tutte le sue dichiarazioni ci arrivano ancora a mezzo stampa.

Le strade a questo punto sono due. Abbandonare la nave che affonda, come il magnate è solito fare con i progetti che non decollano (vedi Trump Steaks e Trump Vodka), oppure portare avanti il piano, ammesso ce ne sia uno. Che la Trump Media&Technology Group rientri in un disegno più ampio? Magari il canale tv che l’ex POTUS sogna da tempo. Un’idea più felice rispetto all’ennesimo social alternativo in stile Gab, Gettr o Parler (tutti comunque di maggior successo), echo chambers che non potranno mai ambire a rimpiazzare le piattaforme tradizionali.

Certo non è escluso che a ridosso delle prossime presidenziali Truth ci regali sorprese. Solleva qualche preoccupazione la montagna di dati che raccoglie: migliaia e migliaia di indirizzi e numeri di telefono in campagna elettorale sono una bella tentazione.

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