di Federico Lucia *

Il lavoro agile, che da ormai due anni è entrato nella cultura di molte aziende, costituisce senza ombra di dubbio una conquista in termini di conciliazione casa-lavoro, miglioramento della produttività e rafforzamento della resilienza organizzativa. Se da un lato sono indubbi i benefici derivanti dall’adozione di tale modello, dall’altro esso apre a nuovi scenari legati al concetto stesso di “ambiente di lavoro” tradizionalmente inteso.

Ambienti di lavoro a confronto

Se il lavoro on site garantisce al datore di lavoro il pieno presidio degli ambienti, nel telelavoro, ossia il lavoro svolto presso il domicilio, l’abitazione diventa a tutti gli effetti parte integrante dell’azienda sulla quale vanno garantite le medesime tutele. Tale principio viene ben delineato nell’art. 3 del d.lgs. 81/2008, il quale prevede la facoltà di condurre ispezioni volte a verificare il rispetto delle disposizioni in materia di salute e sicurezza presso tali abitazioni.

Il lavoro agile, così come individuato dall’art. 22 della legge 22 maggio 2017, muta ancora tale scenario poiché viene meno la diretta riconducibilità dell’abitazione come luogo di svolgimento della prestazione. Lo smartworking è infatti quella modalità che alterna il lavoro svolto presso i locali aziendali a quello presso ambienti non determinabili a priori: abitazione, luoghi pubblici all’aperto o al chiuso. In questo caso, la disciplina pone in capo al datore di lavoro il dovere di informare il lavoratore dei rischi connessi a tale modalità e, al lavoratore, il dovere di prestare la propria attività in maniera responsabile.

Smartworking: un problema di percezione della sicurezza

Si pone dunque il problema dell’errata percezione dei rischi a cui si è esposti. Se il datore di lavoro deve infatti valutare quelli “tipici” connessi all’attività del lavoro agile e darne informativa, il lavoratore dovrà attuare ogni accorgimento affinché la propria prestazione avvenga in maniera sicura.

I principali punti di attenzione:

– Ergonomia: al fine di prevenire disturbi muscolo-scheletrici, il lavoratore dovrà adottare una seduta ergonomica, riducendo al minimo le attività che possano comportare prolungate posture scorrette (ad esempio presso i locali o su panchine). Di fondamentale importanza, inoltre, la distanza dallo schermo (50-70 cm) e l’altezza dello stesso (bordo superiore filo occhi).

– Illuminazione: al fine di prevenire disturbi oculo-visivi diventa importante evitare abbagliamenti diretti (occhi) o indiretti (sullo schermo) e avere un adeguato grado di illuminazione nell’ambiente di lavoro. A tal proposito, l’attività presso ambienti aperti e particolarmente soleggiati dovrebbe costituire un’eccezione alla norma.

– Microclima: temperatura, umidità e correnti d’aria dovrebbero essere mantenuti sotto controllo. Se l’ambiente domestico riesce generalmente a garantire un adeguato comfort microclimatico, maggior attenzione andrà prestata all’esterno, esposto a correnti d’aria e a condizioni che potrebbero esporre il lavoratore ad ambienti severi caldi (con rischio di colpi di calore e insolazioni) o severi freddi (con rischio di malanni).

– Rischi fisici: attenzione dovrà essere posta nei confronti del rumore ambientale, in particolar modo se la prestazione viene svolta in ambienti soggetti a elevato traffico umano o veicolare. Parimenti, dovrà essere esercitata cautela di fronte a rischi di natura elettrica o elettromagnetica (vicinanza a centrali elettriche o condotti a media/alta tensione o a elevato rischio di scariche atmosferiche).

Di particolare rilievo sono i temi connessi al lavoro in solitudine, nei confronti del quale il lavoratore è esposto sotto un duplice profilo di rischio: quello connesso allo stress da lavoro correlato (dovuto all’isolamento da un contesto sociale) e quello connesso all’emergenza (dovuto alla mancanza di qualcuno che possa prestare soccorso). Giova infine sottolineare il rischio connesso alla disconnessione, giacché il lavoro svolto in modalità agile porta con sé non soltanto un ampliamento del concetto di ambiente di lavoro ma anche, intrinsecamente, quello legato all’orario di lavoro, dovuto all’utilizzo di strumenti di remote working che rendono di fatto il lavoratore “sempre tecnicamente reperibile”.

Sarebbe opportuno che il datore di lavoro classifichi le tipologie di ambienti, limitando la prestazione agile ai soli luoghi identificati come “maggiormente sicuri”.

* Giurista – informatico, Safety Manager e Business Continuity Manager del CSI Piemonte

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