Nel 2021 le famiglie in povertà assoluta in Italia erano ancora 5,6 milioni, come nel 2020, quindi un milione in più rispetto al 2019, l’ultimo anno prima della pandemia. Nonostante la forte ripresa economica (+6,6%) e l’aumento delle spese per consumi (+4,7%), spiega l’Istat presentando i dati, la povertà è rimasta “sostanzialmente stabile“. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, la situazione è peggiorata al Sud, dove le persone povere sono 195mila in più rispetto al 2020, ed è invece migliorata al Nord. Nel 2021 le famiglie in povertà assoluta in Italia sono il 7,5%, rispetto al 7,7% nel 2020. Nel Mezzogiorno si confermano le incidenze di povertà più elevate: il 12,1% per gli individui (in crescita dall’11,1%), il 10% per le famiglie. Al Nord si registra invece un miglioramento a livello sia familiare (da 7,6% del 2020 a 6,7% del 2021) sia individuale (da 9,3% a 8,2%).

Se nel 2020 i poveri erano aumentati di un milione, nell’anno in cui il Pil era crollato dell’8,9%, la ripresa dell’economia vissuta nel 2021 non ha contribuito a migliorare la situazione delle famiglie in difficoltà. Per l’Istat, la ragione è da un lato l’incremento più contenuto della spesa delle famiglie meno abbienti. Dall’altro, la ripresa dell’inflazione: “Senza la crescita dei prezzi al consumo registrata nel 2021 (+1,9%) – sottolinea l’Istituto – l’incidenza di povertà assoluta sarebbe stata al 7% a livello familiare e all’8,8% a livello individuale, in lieve calo, quindi, rispetto al 2020″. Per meglio comprendere il contesto, ricorda ancora l’Istat, è utile ricordare anche gli effetti differenziati della crescita dei prezzi al consumo: nel 2021 l’indice armonizzato Ipca è stato infatti pari +2,4% per le famiglie con minore capacità di spesa e a +1,6% per quelle più abbienti. L’intensità della povertà assoluta, cioè la distanza media della spesa per consumi delle famiglie povere dalla soglia di povertà, rimane anch’essa sostanzialmente stabile rispetto allo scorso anno (18,7%), con l’unica eccezione del Centro dove raggiunge il 17,3% dal 16,1% del 2020.

Si allarga la forbice tra famiglie ricche e povere – Nel corso del 2021 la dinamica della spesa equivalente risulta molto differenziata, da +1,7% delle famiglie meno abbienti a +6,2% di quelle con la capacità di spesa più elevata, in conseguenza del maggiore aumento dei capitoli che pesano di più sulla spesa delle famiglie più agiate. E’ quanto stima l’Istat, secondo cui il divario viene ulteriormente accentuato dalla dinamica inflazionistica, che è stata come detto decrescente al migliorare delle condizioni economiche. Nel 2021, l’andamento dei prezzi ha quindi ulteriormente indebolito la posizione delle famiglie più disagiate, che registrano una variazione negativa della spesa in termini reali (-0,7% se si tiene conto dell’Ipca riferito a questa classe di famiglie) e migliorato la posizione relativa delle più ricche, con il più elevato incremento in termini reali (+4,6%).

Il divario Nord-Sud – Nel 2021 si contano oltre 108mila famiglie in meno in condizioni di povertà assoluta al Nord (da 7,6% del 2020 a 6,7%), dinamica confermata anche a livello individuale (-301mila persone, da 9,3% a 8,2%). Andamento opposto si registra nel Mezzogiorno dove la povertà assoluta cresce e riguarda il 10% delle famiglie (da 9,4%) e il 12,1% degli individui (da 11,1%, +196mila). Nel Centro, infine, l’incidenza di povertà rimane stabile tra le famiglie (da 5,4% a 5,6%), ma aumenta tra gli individui (da 6,6% a 7,3%, +75 mila rispetto al 2020).

Peggiora la situazione tra le famiglie in cerca di occupazione – La povertà assoluta è stabile tra le famiglie con persona di riferimento occupata (da 7,3% del 2020 a 7%), che avevano risentito maggiormente degli effetti della crisi, e tra quelle con persona di riferimento ritirata dal lavoro (da 4,4% a 4,3%), mentre peggiora ulteriormente, dal 19,7% al 22,6%, tra le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione. Anche le famiglie con persona di riferimento dipendente presentano un’incidenza di povertà che sostanzialmente non varia (da 7,7% a 7,5%), ma se la persona di riferimento è un operaio o assimilato si raggiunge il 13,3%. Segnali di stabilità si osservano anche tra le famiglie composte solamente da italiani (5,7%), dopo il peggioramento dello scorso anno, mentre si aggrava la condizione di quelle composte da soli stranieri (da 26,7% del 2020 a 30,6%).

I minori in povertà assoluta – Nel 2021 si registra una sostanziale stabilità anche dell’incidenza della povertà per le diverse tipologie familiari. Segnali di miglioramento, stima l’Istat, si rilevano per le famiglie di due componenti (da 5,7% a 5,0%) e 3 componenti (da 8,5% a 7,1%). La presenza di figli minori continua però ad essere un fattore che espone maggiormente le famiglie al disagio. Infatti, l’incidenza di povertà assoluta si conferma elevata (11,5%) per le famiglie con almeno un figlio minore e nel caso di famiglie formate da coppie con 3 o più figli sale al 20%. La percentuale è decisamente più bassa e pari al 5,5% tra le famiglie con almeno un anziano (5,6% nel 2020, valore sostanzialmente stabile) a conferma dell’importante ruolo di protezione economica che i le pensioni assumono in ambito familiare.

Il totale dei minori in povertà assoluta nel 2021 è pari a 1 milione e 384mila: l’incidenza si conferma elevata, al 14,2%, stabile rispetto al 2020 ma anche in questo caso maggiore di quasi tre punti percentuali rispetto al 2019, quando era pari all’11,4%. Le incidenze di povertà sono stabili anche tra i giovani di 18-34 anni (11,1%) e tra gli over65 (5,3%). Valori elevati dell’incidenza di povertà assoluta si continuano a osservare per le famiglie con persona di riferimento di 35-54 anni, dunque in piena età attiva, colpite in modo significativo dalla crisi nel 2020: 9,9% per quelle con persona di riferimento tra i 35 e i 44 anni e 9,7% per le famiglie con persona di riferimento tra 45 e 54 anni.

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