Repubblica incrocia le braccia. Martedì 8 marzo il quotidiano non sarà in edicola e il sito non verrà aggiornato per 24 ore, fino alle 19 di martedì. “La redazione compatta è stata costretta a proclamare lo sciopero dopo la decisione del Gruppo Gedi di vendere lo storico settimanale L’Espresso”, si legge in una nota sindacale sottolineando che il gruppo non ha esitato a formalizzare la decisione “proprio mentre l’Europa è sconvolta per la guerra in Ucraina e mentre i nostri inviati sono incessantemente impegnati a raccontare quanto avviene su quei fronti”. D’altro canto l’ex direttore del quotidiano, Carlo Verdelli, era stato messo alla porta da Elkann proprio nel giorno in cui, secondo alcune minacce che aveva ricevuto, sarebbe dovuto morire.

“La cessione dell’Espresso, che fino a 48 ore prima era stata negata, è un atto grave che mette a repentaglio il futuro di tutto il gruppo Gedi. Cedere la testata capostipite di Repubblica e patrimonio del giornalismo italiano segnala una grave mancanza di fiducia sullo sviluppo a lungo termine”, proseguono i giornalisti di Repubblica allarmati per la “strategia di riorganizzazione basata prevalentemente su tagli, ridimensionamento, cessioni di testate, accorpamenti di rami d’azienda e uscite incentivate del personale. Oggi pagano i colleghi dell’Espresso, a cui va la solidarietà di Repubblica e l’impegno al massimo sostegno possibile”.

E così i giornalisti si uniscono alla protesta dei colleghi del settimanale che hanno incrociato le braccia e parlano di “una deriva che non può essere ulteriormente accettata in silenzio” affidando al sindacato un pacchetto altri 3 giorni di astensione e il mandato di chiedere all’azienda “impegni vincolanti e chiari su investimenti e perimetro aziendale”.

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