Nuova cassa integrazione straordinaria per tremila dipendenti di Acciaierie d’Italia. L’azienda che gestisce gli stabilimenti ex Ilva ha comunicato martedì l’avvio della procedura alle organizzazioni sindacali di categoria. Il piano prevede il ricorso all’ammortizzatore sociale per 2.500 lavoratori dello stabilimento di Taranto e altri 500 tra divisi gli altri sette siti del gruppo (di cui 250 a Genova). Alla base della richiesta, si legge nella comunicazione, “le ragioni tecniche ed economico-produttive connesse alla realizzazione degli interventi ambientali e alla attuazione del piano di riorganizzazione“, che porteranno l’azienda ad adeguarela forza lavoro ai volumi produttivi che allo stato (…) possono attestarsi, nelle condizioni massime di esercizio, a circa sei milioni di tonnellate di acciaio”. La richiesta si riferisce al periodo compreso tra il 28 marzo 2022 e il 27 marzo 2023, anche se la società anticipa che “solo il completamento della prevista riorganizzazione aziendale, che si presume si concluderà nel 2025, e quindi il raggiungimento di volumi produttivi pari a circa otto milioni di tonnellate l’anno, consentirà all’azienda il totale impiego delle risorse”.

Non vogliamo essere complici di un progetto che prefigura un disastro ambientale, sociale e industriale. Non firmeremo alcun accordo di cassa integrazione straordinaria che sarà causa di migliaia di licenziamenti“, è l’attacco del segretario nazionale Uilm Rocco Palombella, che denuncia la scelta di Acciaierie d’Italia avviare la Cigs senza aver presentato un piano industriale. Una decisione che arriva, ricorda Palombella, dopo “due anni e mezzo di cassa integrazione unilaterale, prima ordinaria e poi Covid, rinnovata ogni tredici settimane per migliaia di lavoratori” e che sta portando alla “lenta e incessante distruzione dell’ex Ilva” a scapito di lavoratori e cittadini. “Tutto questo” – conclude – “avviene nell’indifferenza del Governo, socio tramite Invitalia di Acciaierie d’Italia, e in un contesto di mercato che fa registrare record per la produzione di acciaio. Esortiamo ancora una volta tutti i soggetti coinvolti ad assumersi le proprie responsabilità e a dichiarare apertamente quale destino vogliono assicurare all’ex Ilva e alle migliaia di lavoratori diretti, indiretti e dell’Amministrazione straordinaria”.

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