Tout ce qui est fait pour l’Afrique sans le peuple africain n’est pas pour l’Afrique. Tutto quanto si decide per l’Africa senza il popolo africano non è per l’Africa.

Questa la traduzione della frase posta come emblema della dichiarazione dei popoli africani sul recente vertice dell’Unione Europea e Africana. Ancora prima dell’incontro effettuatosi a Bruxelles il 17 e 18 febbraio passato c’erano stati vari contatti. Il “terreno” opportunamente preparato con la promessa della Commissione Europea di un aiuto di qualcosa come 150 miliardi di euro per l’Africa. L’apertura solenne di questo sesto vertice era sotto il tema Africa e Europa, due continenti con una visione comune per il 2030. Per un’Africa in “piena mutazione”, ricordava il presidente in esercizio dell’Unione Africana Macky Sall del Senegal. Con la necessità di “reinventare la relazione tra i due continenti”, affermava Emmanuel Macron, presidente francese. C’è solo da sperare che detta visione non sia comune, né nel 2030 né mai. A Bruxelles, infatti, i popoli non c’erano affatto.

Parte dei capi di stato africani che hanno rappresentato il loro Paese nell’incontro di Bruxelles non sono legittimi. Alcuni in pieno terzo mandato presidenziale ottenuto con manipolazioni costituzionali, longevità nel potere, elezioni truccate e appoggio delle potenze europee per mantenersi al potere. Questo e altro li rende poco o nulla degni di portare la voce del popolo che (non) rappresentano. Dall’altra sponda, quella europea, la democrazia è finita da un pezzo per trasformarsi in monarchia, oligarchia o semplicemente ossequiente portaborse dei poteri finanziari. I vari presidenti invitati al vertice, dunque, rappresentano poco più di loro stessi e molto di più le lobby finanziarie che finanziano le loro rispettive campagne presidenziali. A loro devono i conti finali prima, durante e dopo.

Gli assenti erano loro, i popoli africani ed europei senza potere, voce, volto e conti nei paradisi fiscali opportunamente protetti e garantiti. I contadini, le aziende famigliari, i lavoratori e lavoratrici dell’informale su cui si regge l’economia quotidiana dell’Africa. Assenti la grande maggioranza del Continente: i giovani (anche quando invitati da Macron per vertici alternativi). Le donne reali del quotidiano, che resistono e tirano fuori la vita anche da dove si era nascosta per la vergogna. Assenti le migliaia di morti per le guerre ideologiche delle religioni che arruolano la violenza come illusoria soluzione politica. Assenti coloro che le carestie e i conflitti armati spingono lontano dalla loro terra. Assenti i migranti venduti e sacrificati all’altare degli accordi di subappalto della loro gestione. Assenti i prigionieri politici che nel continente non si contano più tanto sono numerosi e dimenticati. Assenti coloro che, tra i popoli europei, resistono alla narrazione dominante.

Ancora recentemente l’Italia ha offerto vari milioni all’Oim (Organizzazione delle Migrazioni Internazionali) per meglio controllare le frontiere e soprattutto i migranti “informali” alle frontiere del Niger. Quest’ultimo si è prontamente e “liberamente” offerto ad accogliere sul suo suolo sovrano i militari francesi ed europei che la vicina repubblica del Mali considera “indesiderati”. Una commovente magnanimità che la repubblica del Niger, a suo tempo fiera della propria indipendenza, offre ai militari statunitensi e alle loro basi di droni ad Agadez. Appena qualche giorno fa, alla periferia della capitale, alcune scuole per bimbi in età prescolare sono state date alle fiamme. Ecco perché la visione comune del 2030 non interessa e, in fondo, neppure i vaccini che, poco utilizzati nel Continente, hanno permesso ai popoli africani di cavarsela egregiamente.

Risulta vero il detto dai popoli: tutto quanto si decide per l’Africa senza i popoli assenti non è per l’Africa.

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