La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum sulla depenalizzazione della coltivazione della Cannabis. È il terzo quesito bocciato dopo quello sull’eutanasia e la responsabilità civile dei magistrati. Ad annunciarlo è stato, in maniera assolutamente inedita, lo stesso presidente della Consulta, Giuliano Amato, nel corso di una conferenza stampa: “Il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti“, ha detto. “Il quesito è articolato in tre sotto quesiti ed il primo prevede che scompaia tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, che non includono neppure la cannabis ma includono il papavero, la coca, le cosiddette droghe pesanti. Già questo sarebbe sufficiente a farci violare obblighi internazionali”.

Una ricostruzione contestata immediatamente dal tesoriere dell’Associazione Coscioni, Marco Cappato, su Twitter: “Ha affermato il falso. Non sono stati nemmeno in grado di connettere correttamente i commi della legge sulle droghe. Un errore materiale che cancella il referendum“. E poi ha aggiunto: “Non è stato letto correttamente il combinato disposto degli articoli che invece secondo noi riguarda esattamente la cannabis”. Una ricostruzione confermata anche da Antonella Soldo di Meglio Legale.

Poco dopo ha replicato anche il presidente del comitato promotore Marco Perduca: “Non c’è stato alcun errore nella formulazione del quesito“, si legge in una nota. “Le motivazioni addotte dal presidente Amato e le modalità scelte per la comunicazione, sono intollerabili. Il quesito non viola nessuna convenzione internazionale, tanto è vero che la coltivazione è stata decriminalizzata da molti Paesi, ultimo tra questi Malta. Il riferimento del presidente alle tabelle è fattualmente errato, dall’anno della bocciatura della Legge Fini-Giovanardi (2014) il comma 4 è tornato a riferirsi alle condotte del comma 1, comprendendo così la cannabis. La scelta è quindi tecnicamente ignorante ed esposta con tipico linguaggio da convegno proibizionista”. Davanti alla Consulta ha parlato Riccardo Magi, deputato e presidente di +Europa: “Possiamo dire che in questo Paese è impossibile promuovere dei referendum. La Corte costituzionale ha fatto quello che il presidente Amato ha detto pochi giorni fa che non andava fatto, cioè cercare il pelo nell’uovo“.

Per la consultazione sono state raccolte in pochi giorni oltre 600mila firme e interamente online: una mobilitazione senza precedenti che ha seguito quella per l’eutanasia legale. Il Referendum sulla cannabis è stato promosso dalle Associazioni Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe, Società della Ragione, Antigone e dai partiti +Europa, Possibile, Radicali italiani, Potere al Popolo e Rifondazione Comunista e Volt. La campagna referendaria si è svolta per la prima volta nella storia totalmente online sulla piattaforma messa a disposizione dall’Associazione Luca Coscioni, che ha anche finanziato il meccanismo di raccolta.

Tra le prime reazioni c’è stata quella della ministra M5s delle Politiche giovanili Fabiana Dadone: “Dispiace prendere atto del fatto che due questioni, che evidentemente scuotono le sensibilità dei singoli cittadini forse anche più dei quesiti sulla giustizia, non siano state ammesse al voto referendario”, ha detto riferendosi sia a Eutanasia e Cannabis. “Resta chiara la richiesta dei cittadini di intervenire su certi temi. Il Parlamento ha l’occasione di cogliere questo momento storico sanando una frattura, innegabile, tra istituzioni e voce del popolo”. Mentre ha festeggiato la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni: “E’ una vittoria”, ha detto. “Quella contro le droghe e le dipendenze è una battaglia in difesa della vita che non ha colore politico. Un grazie alle associazioni e a tutte le realtà che si sono mobilitate in questi mesi insieme a Fratelli d’Italia contro questo quesito e un pensiero alle tante vittime della droga e alle loro famiglie, che hanno vissuto o stanno vivendo sulla loro pelle una delle piaghe sociali più tragiche del nostro tempo e chiedono che lo Stato e le Istituzioni siano al loro fianco”. Poco dopo la conferenza stampa di Amato, c’è stato poi un faccia a faccia davanti al palazzo della Consulta fra Matteo Salvini e Marco Cappato, uno soddisfatto per l’ammissibilità di 5 referendum sulla giustizia, l’altro deluso perché sono stati respinti quelli su cannabis e fine vita. “Avrei votato no ma sarei andato a votare”, ha detto il leader della Lega. “In qualche modo ci arriveremo”, ha replicato il tesoriere dell’Associazione Coscioni. “In bocca al lupo”, ha aggiunto dandogli una pacca sulla spalla Salvini.

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