La terza dose di vaccino per prevenire il Covid comincia a perdere efficacia dopo quattro mesi. I Centers for Disease Control americani (Cdc) hanno pubblicato i dati relativi a 93mila ricoveri e 240mila visite dovuti a infezioni di Sars Cov 2 in dieci stati tra agosto 2021 e fine gennaio 2022, quindi molto prima e poco dopo l’avvento della contagiosissima e meno patogena variante Omicron. Un calo che comunque “mantiene” abbastanza alta la protezione. Nei confronti della malattia non severa la percentuale è calata dall’87% fra i vaccinati da meno di due mesi al 66% per chi è vaccinato da più di quattro mesi. La protezione dal ricovero in ospedale diminuisce dal 91% al 78%. Al momento invece la quarta dose è stata approvata in pochi paesi – tra cui Israele, Usa, Germania – e soltanto per gli anziani e i fragili perché anche un breve beneficio nell’evitare di poche settimane il rischio di malattia grave o morte viene considerato più favorevole rispetto al rischio di effetti collaterali.

E proprio gli effetti collaterali dopo la somministrazione della terza dose di vaccino contro Covid sono meno frequenti rispetto a quelli riscontrati dopo la seconda dose sempre secondo un’analisi condotta da ricercatori dei Centers for Disease Control and Prevention e dell’Food and drug administration pubblicata sul bollettino settimanale. Lo studio ha preso in considerazione le segnalazioni arrivate attraverso un’apposita piattaforma messa a disposizione dei sanitari e dei cittadini americani per raccogliere dati sulle vaccinazione Covid (denominata ‘v-safe’). 721.562 le reazioni segnalate; nell’88,8% dei casi si trattava di persone che avevano eseguito un ciclo di vaccinazione omologo. Nel complesso, i dati confermano la sicurezza dei vaccini: il 92,4% delle segnalazioni raccolte sono considerate non gravi, soprattutto mal di testa, febbre, dolore al braccio. Sono stati registrati anche 37 casi di miocarditi su circa 82 milioni di dosi di vaccini somministrate.

Nel complesso, la riduzione degli effetti collaterali dopo la terza dose è stata osservata per ogni tipo di disturbo e per tutti i vaccini, soprattutto per quello Moderna, che rappresenta, però, quello con un maggior tasso di segnalazioni. Nello specifico, dopo il vaccino Moderna sono state segnalate il 71,8% di reazioni sistemiche e 64,4% di reazioni locali; percentuali nettamente più basse rispetto alla seconda dose, quando i valori erano rispettivamente 81,4% e 78,4%. Tra i vaccinati Pfizer/BioNTech è stato segnalato un tasso del 64,3% di reazioni sistemiche e del 58,4% di quelle locali (dopo la seconda dose erano rispettivamente 68,1% e 66,7%). La stessa tendenza è stata osservata anche per chi, per il booster, ha ricevuto un vaccino diverso rispetto a quello impiegato nella vaccinazione primaria (la cosiddetta vaccinazione ‘eterologa’). Lo studio ha riscontrato un lieve aumento dei casi in cui ci si rivolgeva al medico a causa dei disturbi insorti dopo la terza dose, tuttavia l’entità dell’incremento (dello 0,1% con Moderna e dello 0,3 con Pfizer/BioNTech) è così bassa da non destare preoccupazione.

Articolo Precedente

Vaccino Covid contro tutte le varianti, i primi esiti dello studio Iss: “Protezione duratura, meccanismo che può superare attuali limiti”

next
Articolo Successivo

Covid, lo studio pubblicato su Cell: “Nessuna variante riesce a bucare la protezione sviluppata dai vaccini, a sei mesi immunità all’85%”

next