Pressato dal quotidiano grido di dolore di Confindustria che vuole ulteriori sussidi per aiutare le imprese a fronteggiare il caro energia, il governo si barcamena tra avanzate francesi e ritirate spagnole. Oggi, dalle pagine del Corriere della Sera il sottosegretario leghista del Tesoro Federico Freni afferma “Il caro energia è il tema che, più di tutti, sta impegnando le riflessioni e il lavoro del governo. Ai quasi 5 miliardi stanziati per il primo trimestre si aggiungerà certamente un ulteriore intervento nelle prossime settimane: un importo adeguato per garantire sostegno a imprese e famiglie”. Freni aggiunge che si parla “certamente non meno di cinque miliardi, ragionevolmente almeno sette”. “Dobbiamo proteggere le famiglie, le imprese, gli artigiani, i commercianti, dobbiamo sostenere l’Italia: se per fare tutto questo si renderà necessario un nuovo scostamento di bilancio, il governo ne prenderà atto”, afferma. E qui però la questione si complica perché l’idea di fare nuovo debito non incontra grandi favori a palazzo Chigi.

Di fatto gli aumenti, comuni a tutta l’Europa, non possono essere fatti sparire, quanto meno non nel breve termine. Le opzioni si riducono a tre, o li sopportano le imprese, che, se duraturi gradualmente li trasferiranno almeno in parte sui prezzi ai consumatori. Oppure le aziende energetiche che ora stanno guadagnando grazie ai rincari rinunciano ad una parte dei loro guadagni. O ancora il costo sopportato dalle aziende verrà spalmato su tutta la collettività sotto forma di sussidi pubblici alle imprese finanziati in varia forma, a cominciare dal deficit. “Sulla crisi energetica è necessaria una risposta, si sta ancora discutendo di alcuni percorsi possibili su come rafforzare l’approvvigionamento anche con acquisti comuni. Alcuni Stati membri stanno chiedendo cambiamenti”, ha detto stamane il commissario Ue agli Affari Economici Paolo Gentiloni. “E’ vero, la reazione degli Stati membri potrebbero minare la transizione climatica. Noi chiediamo che le reazioni siano temporanee e mirate per i soggetti più vulnerabili”, ha sottolineato.

“Di sicuro per continuare ad intervenire contro il caro energia servono molti soldi, finora sono stati stanziati 5,5 miliardi per il primo trimestre 2022, rimangono altri 9 mesi da coprire. Se il governo riesce a recuperarli senza fare deficit aggiuntivo tanto meglio”, ha affermato ieri il responsabile economico Partito democratico, Antonio Misiani rimarcando che “Il caro energia va contrastato, bisogna continuare a calmierare gli aumenti“. Tra le proposte Misiani ha indicato “le aste Ets per la Co2 che genereranno molte più entrate nel 2022, ribadiamo che tutti i proventi vengano destinati a calmierare gli aumenti delle bollette. Sugli extra profitti c’è un primo intervento nel decreto Sostegni ter, se è necessario rafforzare questo intervento credo si debba andare in questa direzione”, ha detto ancora Misiani.

“L’aumento del prezzo dell’energia rischia di avere un costo totale l’anno prossimo superiore all’intero pacchetto del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Quindi non è che il Pnrr ci ha messo al sicuro da tutto” ha affermato ieri il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani glissando però sul reperimento delle risorse necessarie: “sono un tecnico, non un politico”. Senza fare deficit un po’ di soldi si potrebbero trovare nei bilanci di chi grazie alla situazione attuale di mercato di soldi ne sta facendo, e tanti. La sola Eni (partecipata al 30% dal tesoro) avrebbe messo da parte 4 miliardi di euro di profitti aggiuntivi grazie alla differenza di prezzo a cui compra il gas e poi lo rivende.

Si potrebbero anche ritoccare il costo delle concessioni per l’utilizzo dei giacimenti italiani, oggi su livelli bassissimi. Ma da quest’orecchio il governo proprio non ci sente. L’apparato confindustriale, dal centro studi al quotidiano Il Sole 24 Ore è intanto impegnato 24 ore al giorno a denunciare . Il Csc ha affermato che la produzione industriale di gennaio registrerà un arretramento (i dati ufficiali dell’Istat sul mese usciranno solo a marzo) significativo dovuto al caro energia con un effetto sul Pil che potrebbe tradursi in una sforbiciata alla crescita dello 0,8%. Oggi si racconta delle acciaierie, che hanno chiuso il 2021 con bilanci da record grazie alle quotazioni in fortissimo rialzo, ma che ora rischiano di dover “fermare i forni” per gli eccessivi costi di produzione. “Spero che il governo non si lasci dominare da una campagna elettorale latente per un anno, e metta mano alla politica energetica strutturale per il Paese”, ha detto ieri Aurelio Regina, presidente del gruppo tecnico Energia di Confindustria.

Il problema, in generale, è reale. Il gas è rincarato di circa 7 volte rispetto al periodo pre pandemia. Il petrolio è su valori relativamente elevati, sebbene ancora lontano dai massimi storici. Il caro energia, che si trasmette via via a tutti i settori sotto forma di maggiori costi di trasporto e produzione, è responsabile per il circa il 50% dei recenti aumenti dell’inflazione. La situazione attuale è l’effetto di una serie di fattori, primo fra tutti il gioco che sta conducendo la Russia da cui arriva il 40% del gas che consumiamo in Europa e che regola i flussi con il contagocce per giocarsi la partita in Ucraina.

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