Ammonta a 1,5 miliardi l’incasso stimato dalla Ragioneria generale dello Stato dalla “restituzione” introdotta nel decreto Sostegni-ter dei cosiddetti “extraprofitti” delle rinnovabili. La norma, viene spiegato, “intende stabilizzare il trattamento” degli impianti di rinnovabili finora incentivati (con l’esclusione di quelli considerati piccoli, ovvero fino a 20 kW), “vincolando gli operatori a restituire gli extraprofitti guardando alla vendita dell’energia rispetto ad un prezzo ‘equò ante-crisi”. La stima viene definita “ragionevolmente conservativa”. Il governo insomma va a pescare soprattutto nelle tasche delle aziende, come Enel, Edison o A2a, che gestiscono gli impianti idroelettrici, dighe che forniscono circa il 19% dell’energia che consumiamo. Sono strutture affidate in concessione ormai totalmente ammortizzate. Producono energia “gratis”, con le attuali quotazioni dei megawatt una miniera d’oro.

Palazzo Chigi non guarda invece ai super profitti che le aziende italiane stanno facendo grazie ai prezzi del gas che importano dalla Russia e poi rivendono. Oppure a quello estratto dai giacimenti italiani su cui si pagano concessioni molto basse. In larga parte insomma Eni, controllata al 30% dal Tesoro, ma non solo. Il gas russo arriva tutto attraverso il Tarvisio, da cui transitano circa 30 miliardi di metri cubi l’anno. Il colosso statale russo Gazprom mantiene il più stretto riserbo sui prezzi a cui il gas viene venduto. Tuttavia nella riunione con i vertici delle aziende italiane della scorsa settimana fa il presidente Vladimir Putin si è “lasciato scappare” la considerazione che le imprese energetiche italiane stanno facendo grandi profitti grazie al differenza tra quanto pagano il gas di Mosca e il prezzo a cui lo rivendono.

Come fa notare il presidente di Nomisma energia Davide Tabarelli, non tutto il combustibile che importiamo dalla Russia è ancorato ad accordi di vendita di lungo termine ma, realisticamente, circa i due terzi vengono acquistati a valori quasi dimezzati rispetto alle attuali quotazioni. Un metro cubo viene pagato circa 30 centesimi e rivenduto a 50 con un profitto di 20 centesimi. Moltiplicato per 20 miliardi di metri cubi stiamo parlando di circa 4 miliardi di euro in guadagni aggiuntivi. I profitti sono elevatissimi anche per i rivenditori russi. Il paese “galleggia” su sterminate riserve di gas che costa pochissimo. Viene consegnato al mercato con un costo di estrazione e trasporto di circa 5-6 euro per Megawatt e rivenduto a dieci, venti volte tanto.

In generale, grazie ai prezzi in rialzo e agli investimenti che si erano fermati durante la pandemia (quindi meno costi), stanno piovendo soldi su tutte le compagnie di petrolio e gas. Il colosso statunitense Exxon Mobil ha annunciato oggi utili nel 2021 per 23 miliardi di dollari (20 miliardi di euro), il maggior profitto dal 2014 e superiore alle stime degli analisti. Un risultato, spiega la società, favorito in primo luogo dall’incremento dei prezzi del gas. Nel 2020, a causa della pandemia, la compagnia aveva registrato il primo rosso di bilancio in 40 anni. Pochi giorni fa l’altro colosso statunitense Chevron ha annunciato a sorpresa un aumento del 6% del dividendo che verrà distribuito ai soci.

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