Partiamo da un presupposto: Drusilla Foer non è un’icona gay e non vuole esserlo. Fare questa premessa è fondamentale, per capirne il personaggio e apprezzarlo. È vero: diffuso è stato il malcontento dentro la comunità Lgbt+ quando non ha preso posizione sulla devastante “fiaba lgbtq” di Checco Zalone. Siparietto che ha offeso le persone transgender con la solita sfilza di luoghi comuni e battutine transfobiche. Anch’io ero tra coloro che non hanno apprezzato le sue dichiarazioni sullo sketch del comico pugliese. Ma lì l’errore è stato quello di aver dato mandato di rappresentanza chi mai si è proposto per rivestire quel ruolo. Facciamo mea culpa, insomma, e andiamo avanti. Perché il valore dell’artista va oltre. E Gianluca Gori – che dà corpo a Drusilla – ci ha dato lezione di ironia, buon gusto e umanità.

Almeno tre o quattro sono stati i momenti che rimarranno impressi nella memoria, di un Sanremo a conduzione Amadeus ancora troppo impantanato nella palude di un maschilismo di cui il conduttore è portatore più o meno inconsapevole. Ricordate l’uscita sul passo indietro delle donne sul palco, giusto? E le battute con Fiorello, sugli uomini a novanta gradi, no? Sì, ci si diverte di più al cospetto di una cartella esattoriale di Equitalia…

Ma, dicevo, in mezzo a questo profluvio di identità fragili e di maschi in crisi al punto tale da dover scomodare l’immaginario omoerotico per far ridere – avanguardia pura, direbbe Miranda Priestly – emerge lei, il personaggio di Drusilla Foer che ci regala tante perle. La prima, quando durante la serata, Amadeus le chiede “Si spoglia?” e lei lo guarda con occhio sornione, ribattendo prontamente: “Ci sarebbero delle sorprese”. In quel momento Drusilla spiega la vita – oltre all’intelligente comicità – a chi usa le sessualità non normative per deriderle. Lei invece, ride “con”. Ed è questo il discrimine tra volgarità e ironia. Ditelo a Zalone.

Altro momento memorabile: quando entra in scena mascherata da Zorro. “Per tutti quelli che avevano paura di un uomo vestito da travestita. Mi sono travestita” commenta. Demolendo con una battuta sguaiati titoli di giornali e interventi altrettanto volgari di politici indignati per la presenza di “un travestito” sul palco dell’Ariston. Poche parole, “travestite” di genialità e che vanno dritte al punto. Il pubblico ride e applaude. E, guarda un po’, non si è dovuto ricorrere a nessun riferimento a gonadi di gay et similia. Un altro Sanremo, insomma, è possibile.

Ancora, rimarrà negli annali lo scambio con Iva Zanicchi. “Quanto sei alta!” esclama la cantante. E Drusilla: “Più di te!”. Prosegue l’altra: “Hai anche altre cose più di me!”. E, ancora, Drusilla: “Sono colta”. La capacità di Gori, insomma, è quella di raccogliere la provocazione in punta di dita e di gettarla non certo nell’indifferenziato che tanto piace al rozzo popolino, ma riciclandola a uso e consumo di un discorso che – anche se non rientra nelle intenzioni dell’attore – diventa politico. Perché in questi momenti c’è il riscatto di una narrazione sopra un’altra.

La verità di abitare il proprio sé contro urla, barzellette e stereotipi che pretendono di essere recinti d’esistenza di interi universi. È questo il valore aggiunto che Drusilla Foer ha regalato a Sanremo e al suo pubblico. E questo rimane, anche se certe dichiarazioni non ci sono piaciute. Ma in un certo modo, la sua presenza su quel palco le supera e riequilibra il tutto. E forse questo è più forte di ogni polemica.

Il monologo conclusivo, infine, andato colpevolmente in onda a notte inoltrata – quando si tratta di deridere la comunità Lgbt+ invece la scaletta prevede la prima serata, e grazie ancora Amadeus – suggella il messaggio che Gori ha portato all’Ariston. Andare oltre il concetto di diversità e soffermarsi sulla nostra unicità. Entrando in contatto con tutto ciò che ci caratterizza e abbracciarne le sfumature, anche quelle negative. Solo così, infatti, si può entrare in contatto dell’unicità altrui. E accoglierla. Insomma, mi soffermerei su questi aspetti e non sul mancato coraggio politico di un Gori che non ha mai preteso di essere un attivista. Ma che, se vogliamo, ha reso un buon servizio alla nostra comunità, anche se in modo più indiretto. Mandando al macero le polemiche dei giornali e dei politici sovranisti sulla sua presenza en travestì. E “sanificando” l’Ariston dalla comicità volgare di chi ha preceduto Drusilla Foer.

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