Il Canada è oggi ancora di più un paese normale. Infatti da qualche giorno la vita in Canada sembra proprio essere simile a quella che si vive in altri paesi del mondo. Paesi in cui, come è giusto che sia, c’è gente che pensa in un modo e gente che pensa in un altro. Ma la novità per il Canada non è certamente la diversità, di alcun genere. La novità è che la diversità di pensiero è, in questi giorni più che mai, espressa liberamente, con vigore e (soprattutto) per strada. Mi riferisco alla recente protesta dei camionisti (ed altri aggiunti) che stanno manifestando contro alcune delle politiche anti-Covid del governo canadese.

Vi chiederete: che c’è di eccezionale in tutto questo? C’è molto di eccezionale. In un paese dove non esiste una singola cultura (o pensiero, o modo di essere, chiamatelo come volete) prevalente, la gente adotta quotidianamente dei comportamenti che sono un po’ un compromesso per vivere serenamente nel rispetto degli altri. Questo atteggiamento di compromesso, che sicuramente aiuta a vivere civilmente con tutti, mette però anche un po’ a freno quell’istinto (molto naturale) di protesta che c’è in ognuno di noi. Per esempio, se vivi in Canada, decidi spesso di non esprimere subito a voce alta le tue idee per non offendere magari la sensibilità di qualcuno che ti sta ascoltando.

Ancora più rara è l’espressione di un pensiero diverso con tanto di coinvolgimento emotivo (appassionatamente diciamo) perché si rischia di passare per persone non razionali, quindi persone che non sanno elaborare e mediare, e quindi persone che non possono essere a capo di niente, o addirittura dei pazzi da lasciare in disparte. Insomma, in un contesto sociale come quello canadese in cui si convive con molte culture diverse, alzare la voce per esprimere idee discordanti non è proprio cosa di tutti i giorni. E’ un problema questo? Non proprio, ma sicuramente è un rischio per la democrazia di un paese che deve ascoltare e rispettare le idee di tutti. Allora, in questo contesto, ben venga la protesta, che essendo non violenta (ovviamente) contribuisce a creare un paese normale.

Ma come si resta un paese normale? Si resta un paese normale se la protesta di alcuni, dopo essere giustamente ascoltata, viene assorbita in qualche modo nel pensiero dei molti che la pensano invece in modo diverso. Si resta un paese normale se si ha l’istinto di sopravvivenza di fermarsi nella protesta se ci si accorge che nove persone su dieci la vedono in modo diverso da me.

Si resta un paese normale se le televisioni, le radio e i giornali, a un certo punto smettono di dare tanta (sottolineo tanta) voce ai pochi abbandonando e ignorando il pensiero dei molti. Si resta un paese normale se le istituzioni ascoltano con attenzione la voce della protesta e decidono cosa farci. Si resta un paese normale se si prende infine atto che non esiste (per fortuna) un pensiero unico e un modo di vivere che rappresenti equamente tutti; non esiste in natura e non si può pretendere che esista nella comunità di cui facciamo parte.

Il Canada ha buone probabilità di rimanere un paese normale. E l’Italia?

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