Le Olimpiadi invernali sono troppo invasive e poco rispettose dell’ambiente per essere compatibili con la bellezza delle Alpi. La Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi (Cipra) ha preso posizione con un documento molto articolato contro Milano-Cortina 2026 a quattro anni dalla disputa delle gare. “Abbiamo da anni una posizione chiara sui grandi eventi sportivi nell’arco alpino: questa regione non è adatta ad ospitare i Giochi come sono oggi concepiti, perché è un’area altamente sensibile. Condividiamo le preoccupazioni espresse dalle associazioni e dai comitati locali nel denunciare la possibile devastazione di un territorio come quello delle Dolomiti. Chiediamo che i progetti siano riconsiderati e ridimensionati”.

Otto anni fa, nel 2014, Cipra (raccoglie un centinaio di associazioni in sette Stati) aveva già chiesto in modo esplicito ai comuni e alle regioni delle Alpi di rinunciare a future candidature. “L’opinione non è cambiata: per pochi giorni di competizione, gli eventi che si svolgono nelle zone di montagna coinvolte richiedono infrastrutture che non sono né ecologicamente, né socialmente compatibili. Sarebbe necessario un drastico ripensamento, basato sull’uso di sedi decentrate già esistenti e sul rispetto sia di situazioni locali che dei limiti economici ed ecologici. Parte crescente della popolazione si mostra riluttante: è tutto troppo costoso, vengono provocati troppi danni”.

Ciò che fu Torino 2006, l’ultima Olimpiade sulle Alpi, viene additato come esempio negativo. “Alle zone di montagna sono rimasti solo debiti e cattedrali nel deserto come la pista da bob e i trampolini per il salto con gli sci”. Vengono citati i referendum popolari che si sono tenuti nei cantoni svizzeri del Vallese (2018) e dei Grigioni (2013 e 2017), nel Tirolo austriaco (2017), a Salisburgo (2005) e a Monaco in Germania (2013) e che hanno bocciato l’ipotesi dei Giochi. E l’Italia? “Ha proposto la candidatura di una regione alpina per il 2026, ma senza indire alcun referendum”.

Nel caso specifico, anche se le gare si svolgeranno in diverse località (Milano, Valtellina, Cortina, Val di Fiemme) “non sarà alleggerito il carico sugli ambienti montani interessati e non si manterrà un approccio economicamente responsabile nell’organizzazione”. Se alcuni aspetti organizzativi da parte di “Fondazione Milano Cortina 2026” “mostrano l’intenzione di rendere le Olimpiadi più sostenibili, un’attenzione simile non viene data agli impianti di gara, che saranno costruiti dalla società ‘Infrastrutture Milano Cortina 2026’”. Delle 14 sedi di gara, “almeno due sollevano seri dubbi sulla loro sostenibilità economica e ambientale: il rifacimento della pista di bob “Eugenio Monti” a Cortina e l’impianto per il pattinaggio di velocità su ghiaccio a Baselga di Piné, in Trentino”. La nuova pista di bob, voluta dalla Regione Veneto e dal Comitato Olimpico Italiano, “è solo l’esempio più eclatante dell’insostenibilità dell’evento”. Cipra attacca anche le “numerose infrastrutture ‘connesse’ e ‘di contesto’ che avranno un impatto: le strade e le circonvallazioni in paesi come San Vito di Cadore, dove verrebbero sacrificati ettari di prato, o i tre nuovi collegamenti sciistici proposti per Cortina-Badia, Cortina-Arabba e Cortina-Alleghe Civetta nel cuore delle Dolomiti”. A corollario viene citato il progetto di realizzare a Passo Giau “un albergo con un volume di 40.000 metri cubi a oltre 2.000 metri di quota, in un paesaggio unico dove esiste già un rifugio-albergo chiuso da dieci anni”.

Conclusione di Cipra: “I Giochi Olimpici invernali sostenibili dovrebbero coinvolgere molte meno discipline e prevedere meno persone presenti sul posto (soprattutto in termini di accompagnatori e spettatori) e dovrebbero tenersi regolarmente solo in zone del mondo climaticamente adatte e dotate di impianti preesistenti”. Sull’argomento è intervenuta anche l’eurodeputata Eleonora Evi, co-portavoce nazionale di Europa Verde. “L’Italia non sta rispettando il contratto di assegnazione dei Giochi, con il quale si è impegnato ad ottemperare al requisito di sostenibilità e a valutare l’impatto complessivo delle opere sportive e infrastrutturali, non i singoli effetti su ambiti territoriali circoscritti”.

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