L’immagine trasmette tutta la solitudine di una gioia abortita. Al centro dell’area piccola c’è una maglia rossonera circondata da maglie bianconere. E poi basta. L’uomo che la indossa ha le braccia allargate e un’espressione incredula stampata sulla faccia. Ha appena segnato. Eppure la palla non è stata posizionata sul dischetto del centrocampo. È passata velocemente dal guanto del portiere avversario alla scarpetta dell’esterno sinistro. Come se non fosse successo niente. È una scena straniante. Perché trasforma l’assenza di un fischio in un rumore assordante. Sulley Muntari cerca lo sguardo del guardalinee Romagnoli, poi quello dell’arbitro Tagliavento. Perché in quella serata del 25 febbraio 2012 ha assistito a un gioco di prestigio al contrario. Ha colpito di testa a un metro dalla porta e si è visto respingere il pallone dal portiere della Juventus. “Fuorigioco di Muntari dopo la straordinaria parata di Buffon, forse”, ipotizza il telecronista della televisione satellitare. La realtà è ancora peggiore. Perché la parata di Buffon è arrivata quando il pallone era entrato di circa un metro.

È un momento surreale. E anche grottesco. Perché dal lato opposto Estigarribia copre tutto il campo, si ferma al limite dell’area, lascia partite un tiro che costringe Abbiati a una parata più scenografica che pratica. Per un attimo nessuno capisce cosa sia successo. Poi il replay racconta la verità. Quello di Muntari è un non gol che passerà alla storia più di un gol. Anche perché è da venti giorni che Juventus e Milan non fanno altro che litigare. Da settimane i bianconeri si lamentano di alcuni torti arbitrali subiti prima contro il Siena e poi contro il Parma. Ne parla Beppe Marotta. Ne parla Antonio Conte. “Sento una brutta aria – dice – Nel dubbio gli arbitri preferiscono sbagliare contro di noi. Ripensate al passato”. Il Milan si risente. Spiega che quelle proteste così reiterate sono un modo neanche troppo elegante di mettere le mani avanti. Poi ci si mette anche la decisione del giudice sportivo. Il verdetto è chiaro. Ibrahimović aveva preso tre giornate di squalifica per un colpo ad Aronica nella gara contro il Napoli. Ne ha già scontate due. Ma l’ultima non gli è stata abbuonata. Vuol dire niente sfida scudetto contro la Juve. Per qualcuno è una piccola persecuzione. Anche perché le due squadre arrivano alla sfida appaiate a quota cinquanta punti.

Il Milan domina. Nel primo tempo segna con Nocerino e, appunto, con Muntari. Solo che la rete non viene convalidata. Nella ripresa il Diavolo regge per venti minuti. Poi crolla. Matri cambia la partita. Entra e segna il gol del definitivo pareggio. Prima si vede annullare un’altra rete per un fuorigioco inesistente. È un disastro. Vidal viene espulso per un fallaccio. Poi scoppia anche un accenno di rissa fra Chiellini e Ambrosini. Il peggio va in scena nell’intervallo, lontano dall’occhio delle telecamere. Dopo il gol annullato a Muntari, Adriano Galliani lascia il suo posto sulla tribuna del Meazza e scende negli spogliatoi. La cronaca di quello che succede dopo è abbastanza convulsa. “Ora provate a lamentarvi”, dice l’ad del Milan ad Antonio Conte. Secondo quanto racconta Repubblica, l’allenatore bianconero avrebbe evocato la “mafia”. Aggiungendo anche un insulto in pugliese. Poi Galliani avrebbe avuto anche uno scambio di vedute, non proprio sereno, con l’arbitro Tagliavento. Alla fine se n’è andato dallo stadio prima della ripresa, dicendo di avere dei problemi di pressione.

Il dopopartita è una guerra di trincea combattuta a forza di dichiarazioni. “O hanno sbagliato a tracciare il campo oppure la linea di porta era più grossa”, dice Allegri. E ancora: “Non mi sono arrabbiato, mi sono divertito perché è stata una bella partita. Purtroppo un episodio l’ha falsata. Indipendentemente da tutto, questo gol ci ha creato danno, sul 2-0 sarebbe stata una partita diversa. Questo dimostra che a star zitti si farebbe meglio… E poi io sono toscano, se si cominciano a fare battute mi diverto”. Antonio Conte è particolarmente nervoso. Si presenta davanti alle telecamere e dice: “C’è stato uno scambio di opinioni: quando salgo dal sottopassaggio mi aspetto di non trovare gente che mi insulta, ma a volte non succede. Mi dispiace che questa partita sia stata caricata troppo da tutti quanti, da noi addetti ai lavori e c’era un ambiente che non era bello per lo sport. Per il resto bisogna migliorare tutti, io per primo”.

È solo l’inizio. Fra gli opinionisti di Sky c’è anche Boban. Che secondo Conte ha un peccato originale piuttosto ingombrante: aver giocato proprio nel Milan. Il croato dice che il guardalinee Romagnoli è colpevole di entrambi gli errori arbitrali. Ma aggiunge che il gol non dato a Muntari ha un peso specifico molto diverso, perché avrebbe portato la gara sul 2-0 per i rossoneri. L’allenatore della Juventus è stizzito. “Quando commenti le partite ti devi togliere la maglietta da giocatore”, accusa. “Non ti devi permettere”, risponde Boban. La frase che farà più discutere arriva poco dopo. E la pronuncia Buffon: “Non me ne sono reso conto e sono onesto nel dire che se me ne fossi reso conto non avrei dato una mano all’arbitro”. Per qualcuno è una volgare ammissione di slealtà. Per altri una sincerità che pesa oro in un’epoca di dichiarazioni formato standard. Berlusconi prova a non sbottonarsi. Vorrebbe tirare fuori una frase a effetto, dettare un titolo ai giornalisti. Invece si contiene. Almeno per un po’. “Dico solo che quello di Muntari era nettamente gol. Sono dispiaciuto, non arrabbiato”, si limita a dire a fine partita.

Ma è una questione di tempo. Poco dopo Berlusconi ritorna sulla vicenda. E stavolta è tutta un’altra musica: “Ho molta fiducia che il Milan possa vincere il campionato, perché la nostra missione è essere più forti dell’invidia, della sfortuna e dell’ingiustizia“. È una frase che fa sorridere. Ma non è un inedito. Perché ricalca piuttosto da vicino un suo libro uscito un paio di anni prima: “L’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio”. Tutti vogliono dire la loro. Perché i siti moltiplicano le pagine dedicate alla questione. I giornali versano un oceano di inchiostro. In televisione si fa gara a dare opinioni. “L’assistente che ha commesso l’errore è Romagnoli, che tra l’ altro abita vicino a casa mia”, informa l’ex arbitro Daniele Tombolini su Rai Due. Aldo Biscardi annuncia uno dei suoi scoop: “Nella puntata verrà mostrato un filmato speciale che dimostra come il pallone colpito da Muntari fosse dentro di quasi un metro“.

I telefoni non la smettono di squillare. Servono virgolettati. Abete definisce la partita “uno spot contro il FairPlay”. In tanti chiedono di punire Buffon per le sue parole. Nicchi, il numero uno degli arbitri, tuona: “Il mio portiere, il capitano della Nazionale ha detto cose che si poteva risparmiare, che non sono esempio per i giovani. Sarebbe servita un po’ di cautela. Mi stavo convincendo di mandare gli arbitri in sala stampa, adesso ci devo ripensare“. Uno dei pochi che difende Buffon è Gianni Mura: “Manco avesse piazzato una bomba in un asilo”, scrive. Il portiere arriva a Genova per una partita della Nazionale. Trova altri microfoni accesi, altri taccuini aperti. “Ridirei tutte le stesse cose, se dicessi cose diverse poi dovrei comportarmi diversamente da quello che dico”, spiega. Poi aggiunge: “Il rispetto e la stima che hanno i miei compagni mi basta, non mi importa nulla. Sono contento di come sono, sono ancora più orgoglioso di essere fatto in questa maniera, sono molto più leale di tanti retorici che si accaniscono dietro a determinate frasi”. La polemica è già un affare internazionale. Nel ritiro della Svezia un giornalista interroga Ibra sulla questione. La punta del Milan sorride e risponde a modo suo: “Se fosse stato un pallone bianco, magari per l’assistente sarebbe stato difficile capire perché avrebbe potuto fare confusione con il colore del palo. Ma questo pallone è giallo. Come fai a non accorgerti della posizione del pallone oltre la linea di porta?”. Ma non è abbastanza: “È stato un errore tragico. Ed è un male per il calcio in generale”. Una frase in stile Ibra. Ma incredibilmente vera.

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