La Procura Europea (Eppo), istituita nel 2017 sulla base di una cooperazione rafforzata tra 22 Stati membri, opera dal 1° giugno 2021 e ha lo scopo di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione Europea

Per chiarire cosa si intenda per interessi finanziari dell’Ue occorre partire dal bilancio europeo il quale, in parte composto da contributi finanziari degli Stati membri, oggi è finanziato con risorse proprie comprendenti principalmente dazi, il contributo Iva, le multe inflitte a società che non rispettano il diritto dell’Ue e i contributi di paesi terzi ai programmi europei.

Si comprende bene quanto esso sia una parte importante del buon governo, quanto ne rappresenti la forza trainante e quanto sia un’impresa riuscire a trovare un accordo tra 27 Paesi con tante storie e identità diverse. Il bilancio dell’Alleanza, quindi, non ha solo un ruolo finanziario, ma è prima di tutto un grande atto politico. Non ha equivalente, né è paragonabile al bilancio di un Paese o di un’organizzazione internazionale e, per la natura della sua composizione, non è paragonabile al bilancio nazionale.

Sfortunatamente la frode e la corruzione hanno continuato a crescere nel corso degli anni, nonostante la creazione dell’Unità di Coordinamento Antifrode (Uclaf), dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf), dell’Ufficio Europeo di Polizia, Europol e di Eurojust per la cooperazione tra le procure nazionali, perché la loro azione è rimasta limitata e, spesso, considerata asimmetrica.

Questo è il motivo per cui l’assistenza giudiziaria in materia penale tra Stati membri è rimasta molto fragile per molto tempo. L’Ue, trovandosi senza alcun potere reale per via di una politica antifrode puramente amministrativa, ha allora deciso, con il Trattato di Lisbona, di istituire la Procura Europea che non si limita solo al semplice coordinamento tra i tribunali nazionali, ma svolge un ruolo specifico in quanto istituzione giudiziaria sovranazionale. Finora, a parte Polonia, Ungheria, Svezia, Danimarca e Irlanda, ne fanno parte 22 Stati membri per i quali, pur mantenendo per ciascuno di essi le prerogative riguardanti l’autonomia e l’indipendenza del proprio sistema giudiziario nazionale, Eppo rappresenta una grande scommessa sul futuro dell’Ue.

Essa è fondata su un elemento centrale: la fiducia reciproca. Ecco perché la cooperazione rafforzata non dovrebbe essere vista come un freno ma, piuttosto, come una nuova e più moderna forma di controllo giurisdizionale affinché la struttura a due livelli sia la più efficace possibile e si trasformi da una cooperazione parallela a una cooperazione sovrapposta. Non si tratta più di coordinare l’azione tra i procuratori nazionali, ma di creare autentici procuratori europei.

Tuttavia, gli interessi finanziari dell’Ue sono un concetto molto complesso, che la Procura Europea deve saper comprendere ed è possibile che le competenze di Eppo possano essere estese ad altri settori, oltre ai reati definiti dalla direttiva Ue 2017/1371, per esempio la politica antiterrorismo o i reati ambientali o altro ancora. Oggi, grazie allo sblocco dei fondi per l’attuale crisi sanitaria, è di molto cresciuta la sua importanza strategica e il piano di ripresa NextGenerationEu da 750 miliardi di euro rappresenta una sfida, soprattutto in tempi di crisi.

Ma la somma colossale del pacchetto di stimoli per rilanciare l’economia dell’Ue rappresenta un alto rischio di frode per via dei grandi appetiti criminali, in particolare nel campo della salute. Eppo avrà, dunque, un compito molto più delicato: dimostrando l’efficacia della sua azione, rafforzerà la fiducia reciproca degli Stati membri nei confronti dell’Ue e sarà il suo vero banco di prova. Si tratta, pertanto, di un aspetto essenzialmente politico oltre che di tutela finanziaria.

In questo risiede la sua particolarità. La Procura Europea è quindi una scommessa sul futuro e di certo non aiutano le sovrapposizioni di competenze multilivello che potrebbero registrarsi nel nostro Paese tra i procuratori europei delegati e le singole Procure, con le relative deleghe ai propri aggiunti, tra la Procura nazionale Antimafia e la stessa Eppo. Leggere, per esempio, di un procuratore europeo delegato a Milano, al momento sottoposto ad indagine nel procedimento Eni, da cui ci si dovrebbe attendere completa sintonia con la procuratrice antimafia titolare delle misure di prevenzione patrimoniali e, più in generale, con la Procura nazionale antimafia sul territorio lombardo, così esposto agli appetiti della criminalità organizzata, potrebbe far sorgere il timore, dal punto di vista del coordinamento degli apparati investigativi, su chi coordina chi e soprattutto cosa.

Ecco perché la Procura Europea, se non dimostrasse fin dall’inizio la sua efficacia che è essenzialmente politica, in quanto simbolo della decompartimentalizzazione dello spazio giudiziario europeo, rischierebbe di far dubitare gli Stati membri su questo importantissimo progetto, perché sarà più difficile riconquistarne la fiducia in seguito.

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