In Italia come in altri paesi, sta diventando rapidamente dominante la variante Omicron. I primi studi scientifici disponibili evidenziano come il tasso di letalità della nuova variante, registrato in Sudafrica con un tasso di vaccinazione poco superiore al 25% della popolazione, è pari allo 0,2% contro un equivalente del 2,5% – 4,0% di Delta. Secondo il National Institute for Communicable Diseases del governo sudafricano, il rischio di ospedalizzazione registrato è un quinto rispetto a quello degli ammalati di Delta e il calo potenziale degli ospedalizzati stimato nell’ordine dell’80%.

Una ricerca ancora più recente svolta dagli scienziati dell’Università di Hong Kong dimostra come Omicron tenda a infettare le alte vie respiratorie e assai meno il tessuto polmonare profondo, riducendo in modo radicale il rischio di polmoniti interstiziali con danni agli alveoli gravi o gravissimi registrati dal primo Covid e da Delta. Se si considera che la popolazione immunizzata con almeno una dose o guarita da sei mesi è prossima in Italia al 90%, e che, pur venendo meno la copertura da contagio per chi si è immunizzato, il rischio di ospedalizzazione per i vaccinati certificato dagli organismi scientifici è molto basso, comprendere i messaggi bellicosi di chi vuole buttare a mare i no vax e a gran voce richiede l’estensione dell’obbligo vaccinale per l’intera popolazione nazionale come ultima spiaggia per evitare la catastrofe, qualche riflessione la dovrebbe indurre.

E’ una questione di prudenza? Di paura? O di cosa?

Dei 135 deceduti per Covid, al 21 dicembre 2021 il 19,4% (26.197) aveva un’età superiore ai 90 anni, il 40,1% (54.237) era di età compresa tra gli 80 e gli 89 anni e il 25,2 (34.011) tra i 70 e i 79. Complessivamente quasi l’85% dei decessi sono attribuibili a persone anziane o molto anziane. Sotto i vent’anni i morti sono stati 35 in venti mesi, mentre sotto i 50 la cifra dei decessi si attesta a 1.695.

Se si ammalano e finiscono in reparto ancora in tanti e di tutte le età, questi dati continuano a mostrare come a morire per Covid sono soprattutto gli anziani e che la letalità del virus rimane correlata alle multi patologie. I plurivaccinati che ancora muoiono di Covid sono in grandissima parte grandi anziani affetti da precedenti malattie che hanno fiaccato l’organismo e per cui sarebbe bastata probabilmente una normale influenza per fare crollare le resistenze residue.

Covid, come tutti i virus, non ha fatto altro da questo punto di vista che compiere il suo mestiere, colpendo le prede più facili da raggiungere e mietendo vittime tra le fasce della popolazione più deboli ed esposte. L’andamento della pandemia e le nuove mutazioni del virus lasciano però intendere che una grande parte del lavoro sporco è stato probabilmente svolto. Rimane alta la mortalità per gli anziani debilitati, ma purtroppo questo dato difficilmente può essere contrastato con ulteriori dosi di vaccinazione.

Vuole dire con questo che la pandemia sia in fase naturale di endemicizzazione? Non è facile fare previsioni, anche perché la corsa ai vaccini dei paesi ricchi e delle “persone responsabili”, di cui parla chi condivide l’idea della necessità della guerra ai no vax e di estendere ulteriormente l’obbligo vaccinale in Italia, ha lasciato scoperta una parte molto ampia dell’umanità. Nasceranno nuove varianti in quelle parti del mondo in cui, per mancanza di risorse, le persone non hanno avuto accesso ai vaccini? Oppure date le condizioni demografiche meno compromesse il virus si diffonderà creando un’immunità naturale senza arrecare ulteriori danni?

Certo è che, se nuove varianti si diffonderanno, vecchi vaccini e misure di contenimento come il green pass o i tamponi per i plurivaccinati serviranno verosimilmente assai poco. Forse sarebbe il caso di chiedersi allora se, continuando a porre le dovute attenzioni al comportamento responsabile di ciascuno – ovvero l’immunizzazione per le persone a rischio, mantenere le distanze, tenere la mascherina nei luoghi chiusi ed evitare assembramenti – l’unica malattia da affrontare in questi tempi così difficili e complicati sia veramente il Covid. Oppure se si siano diffuse anche altre e persino più gravi patologie che portano a mettere le persone le une contro le altre, a creare isteria collettiva, a cavalcare e strumentalizzare l’onda della paura. In cambio di cosa ci si dovrebbe chiedere?

Dobbiamo ancora continuare a vivere nel terrore, con la prospettiva di continue immunizzazioni e nuovi super green pass anche senza sapere se veramente siamo di fronte a una nuova mortale ondata pandemica, oppure, come i dati sembrano confermare, possiamo iniziare a pensare che il virus lentamente sta diventando meno pericoloso e più normale?

Certo, così fosse, terminata l’emergenza qualcuno dovrà fare anche i conti sui miliardi spesi per bonus inutili, sulla sospensione prolungata dello stato di diritto, sulla corruzione dilagante, sugli effetti dell’isolamento degli adolescenti e dei giovani causato dal più lungo lockdown scolastico del mondo. Magari qualcuno comincerà anche a chiedersi come sia possibile che da dieci anni in Italia i premier siano scelti tra i cosiddetti tecnici e che si parli oggi senza particolare pudore di un doppio mandato di Mario Draghi, come presidente della Repubblica e premier, ombra di un nuovo governo che porterebbe ad azzerare i principi portanti della nostra Costituzione? Oppure del perché alla notizia della possibile candidatura di Silvio Berlusconi tutti i media non abbiano gridato allo scandalo e mobilitato l’opinione pubblica per scendere in piazza in difesa del buon costume e del decoro nazionale.

Sono problemi anche questi reali che prima o poi però bisognerà riprendere in mano. Anche se la sensazione è che sarà assai doloroso per molti guardare di nuovo in faccia la realtà.

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