di Antonio Di Giovanni

La dipendenza da “social” è un argomento preoccupante, che coinvolge tutte le fasce di età, dai ragazzi in età molto giovane fino agli adulti. Il Wall Street Journal ha di recente condotto una pesante inchiesta sui social e in particolare su Facebook, Instagram e TikTok. L’inchiesta ha avuto importanti e inaspettati risvolti, mettendo in risalto lati oscuri e torbidi di queste piattaforme. Già nel film The Social Dilemma erano emerse diverse dinamiche pericolose, che miravano a far rimanere collegati ai social più a lungo, più del già alto tempo medio di permanenza.

Una di queste è la tecnica di manipolazione chiamata “Rinforzo Positivo Intermittente”. Questa tecnica è una vera e propria tattica di manipolazione, estremamente potente ed efficace: gli esperti di psicologia considerano questa pratica una delle più potenti tecniche di motivazioni esistenti. In buona sostanza il manipolatore “motiva” la vittima, in questo caso l’utilizzatore del social, a comportarsi, pensare o sentire il modo in cui lui o lei desidera. Apprezzamenti, lodi, persone che ti seguono e mettono i like, ma non solo, anche il ricaricamento della home ogni qualvolta tentiamo di uscire che ci mostra altri post nuovi: il rinforzo intermittente, quindi, crea incertezza, ansia e desiderio nel cliente che ha bisogno di cercare costantemente un “rinforzo positivo”.

Si dice “Se non stai pagando per un prodotto, allora il prodotto sei tu”, quindi è da questa affermazione che dobbiamo partire per capire il perché non paghiamo per questi servizi. La missione iniziale della rete e dei social era nobile: poter connettere le persone di tutto il pianeta, sfruttare la tecnologia per il bene unendo le forze, favorendo vicinanza e creatività. E invece è successo il contrario e il mezzo sembra essere sfuggito di mano agli stessi creatori.

Mark Zuckerberg probabilmente sapeva delle conseguenze negative che avrebbero avuto i suoi social, ma presumibilmente ha fatto finta di nulla in nome del profitto, tant’è che già da settembre scorso ha deciso di sospendere il progetto di Instagram per bambini. Instagram, infatti, è stato definito come uno strumento molto pericoloso già per i teenager, e in particolare per le ragazzine, in quanto social molto incentrato sul valore dell’immagine e questo crea in molti dei complessi in età di sviluppo, proprio rispetto all’essere costantemente apprezzati e desiderati.

Il Pew Research Center, uno degli istituti di sondaggi e ricerche più validi negli Stati Uniti, ha condotto una ricerca sull’utilizzo dei social network da parte degli adolescenti americani (ma altre ricerche mostrano dati molto simili per quelli europei). Da questa ricerca è emerso che YouTube viene utilizzato dall’85% di chi è tra i 13 e i 17 anni, Instagram dal 72% e Snapchat dal 69%, mentre Facebook è solo al 51% e Twitter al 32%. Si tratta di una considerevole differenza rispetto al 2015, quando Facebook era utilizzato dal 71% in particolare degli adolescenti.

Cresce quindi l’esigenza di trovare una risposta a una deriva che sta mettendo in pericolo soprattutto le nuove generazioni. Inserire l’educazione digitale nelle scuole insieme all’educazione civica è una priorità, dobbiamo rapidamente far capire fin da piccoli come interagire sul web. Necessitiamo quindi di nuovi strumenti e di nuove forme di insegnamento che coinvolgano anche gli adulti in questa formazione. Gli adulti tuttavia, in questa fase, hanno bisogno di acquisire un patrimonio di informazioni abbastanza cospicuo, se vogliono proteggere i loro figli, altrimenti non avranno nulla da trasmettere.

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