Ho trovato a dir poco stucchevoli le regole di comportamento linguistico dettate, non si capisce bene a che titolo, dall’Unione europea, nella persona della Commissaria per l’Uguaglianza Helène Dalli. Mentre la disuguaglianza, per effetto delle dinamiche micidiali della globalizzazione capitalistica, aggravate dal Covid, cresce a dismisura, la Commissaria addetta al tema non trova niente di meglio da fare che dilettarsi a dare consigli su come si debba parlare. Mentre uomini, donne e bambini respinti dall’Europa muoiono di freddo ai suoi confini orientali o annegati nel Mediterraneo, la signora Dalli vorrebbe che non ci augurassimo più il Buon Natale. Ciò indubbiamente servirà a rincuorare i migranti, di qualunque provenienza geografica o confessione religiosa, che in Europa non ci riescono ad arrivare o, se ci arrivano, vengono assoggettati a lavori spesso simili alla schiavitù.

Non ci siamo, signora Dalli! Alle sue strambe proposte di galateo linguistico preferiamo mille volte la netta, ancora una volta, presa di posizione di Papa Francesco, il cui discorso, tenuto a Lesbo, capitale della vergogna europea in tema di trattamento dei migranti, è stato molto opportunamente riprodotto dal Fatto. Fra le altre cose Francesco ha affermato che “solo se riconciliato con i più deboli l’avvenire sarà prospero”. Un insegnamento lungimirante che nello squallido panorama delle forze politiche italiane suona come un’indicibile bizzarria, tanto è vero che molte di esse, da Renzi a Salvini, si affannano a respingere qualsiasi misura volta ad introdurre qualche briciolo di uguaglianza in un sistema come il nostro sempre più disuguale, a partire dalla redistribuzione del reddito mediante lo strumento fiscale, redistribuzione alla rovescia che fa di questi politici dei Superciuk, il Robin Hood alcolizzato alla rovescia che rubava ai poveri per dare ai ricchi.

Altri politici, anch’essi aggiogati al carro di Draghi, tacciono e acconsentono, senza formulare proposte alternative che valgano ad introdurre in Italia anche solo una parvenza di giustizia sociale e affrontare in modo adeguato la vera e propria emergenza sociale, ulteriormente esasperata dalla pandemia, che il nostro Paese sta attraversando. In questo quadro sconfortante penetra come un raggio di sole invernale la decisione di Cgil e Uil di proclamare finalmente lo sciopero generale contro le politiche antioperaie e antipopolari di Draghi & C., alla cui ombra prospera solo la destra peggiore del livore contro i poveri cui si uniscono i cicisbei del Pd e quelli di quanto resta dei Cinquestelle, che guardano con preoccupazione alla possibile ripresa del conflitto sociale.

Una sorpresa davvero gradevole è l’affermazione del segretario della Uil, il quale, forse inconsapevolmente, cita Che Guevara, “l’unica battaglia che si perde è quella che non si combatte”. Occorre sperare che questa svolta sindacale sia duratura. Già i sindacati di base, d’altronde, colle grandi manifestazioni di sabato scorso 4 dicembre, in particolare quella di Milano e quella di Bologna, hanno mostrato come l’aria in Italia possa cambiare.

Un Parlamento popolato in buona misura da politicanti transfughi e timorosi di perdere seggio e indennità si accinge ad eleggere il prossimo presidente della Repubblica. Berlusconi si candida mettendo sul piatto della bilancia la sua formidabile potenza finanziaria, neppure scalfita da tante indagini, rinvii a giudizio, condanne per i motivi più vari, il che getta una luce davvero sconfortante sul nostro sistema giudiziario. Se venisse eletto entreremmo nella fase più tragicomica della storia italiana. L’effetto deterrente della candidatura di Berlusconi, ancora una volta arma di distrazione di massa, sarà probabilmente l’elezione di Mario Draghi, stratega della finanza internazionale e incarnazione di un presidenzialismo all’italiana che vuole mettere definitivamente in soffitta il conflitto sociale e le libertà e i diritti dei cittadini (quelle vere, non le baggianate dei novax e nogreenpass) compresa magari come suggerisce Monti, quelli all’informazione (a proposito dei quali non dimentichiamo come quasi tutte le forze politiche compresi Pd e Leu abbiano respinto, in servile omaggio come sempre agli Stati Uniti, una sacrosanta mozione in appoggio a un eroe della libertà d’informazione come Julian Assange).

Di fronte a questi scenari davvero inquietanti occorre ripartire ab imo ritrovando le ragioni della lotta per un diverso modello di società, contro i Superciuk della politica italiana e contro il tentativo di riproporre la guerra fredda in un mondo oramai definitivamente votato al multipolarismo e alla cooperazione senza frontiere. Per questo occorre augurarsi che collo sciopero generale del 16 dicembre prenda avvio una nuova stagione di lotte e di mobilitazione, un Natale di lotta, che in quanto tale è patrimonio comune ed assume come propria bandiera anche le parole di Papa Francesco.

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