“Per legge, e ancor prima per il giuramento di Ippocrate“, il personale sanitario è “tenuto in ogni modo ad adoperarsi per curare i malati, e giammai per creare o aggravare il pericolo di contagio del paziente con cui nell’esercizio della attività professionale entri in diretto contatto”. È un passaggio della decisione con cui il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di un medico abruzzese contro la sospensione dall’ordine professionale dovuta al suo rifiuto di vaccinarsi. Un rifiuto motivato, scrivono i giudici amministrativi, “sulla base di dubbi scientifici certo non dimostrati a fronte delle amplissimamente superiori prove, con l’erogazione di decine di milioni di vaccini solo nel nostro Paese, degli effetti positivi delle vaccinazioni sul contrasto alla pandemia e alla sue devastanti conseguenze umane, sociali e di deprivazione della solidarietà quale principio cardine della nostra Costituzione”.

Il decreto – firmato dal presidente della terza Sezione, l’ex ministro Franco Frattini – riafferma “la prevalenza del diritto fondamentale alla salute della collettività rispetto a dubbi individuali o di gruppi di cittadini sulla base di ragioni mai scientificamente provate”, dubbi che riguardano anche i medici, “malgrado l’imponente quantità di studi che indicano la netta prevalenza del beneficio vaccinale anti Covid-19 per il singolo e per la riduzione progressiva della pandemia ancora gravemente in atto”. “Del resto – si legge ancora – soltanto la massiva vaccinazione anche e anzitutto di coloro che entrano per servizio ordinariamente in contatto con altri cittadini, specie in situazione di vulnerabilità, rappresenta una delle misure indispensabili per ridurre, anche nei giorni correnti, la nuovamente emergente moltiplicazione dei contagi, dei ricoveri, delle vittime e di potenzialmente assai pericolose nuove varianti”.

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