Ho iscritto il mio primo figlio all’asilo che ero ancora incinta. Il suo primo “giorno” di scuola è stato a tre mesi e dieci giorni, fino alle quattro di pomeriggio. Ha continuato ad andare all’asilo nido, poi alla scuola materna, e oggi che ha 11 anni ed è in prima media (ed è un bambino socialissimo, autonomo, espansivo e parla meglio di me) sta iniziando, che fa un po’ ridere, il suo dodicesimo anno scolastico (3+3+5).

Ma c’è poco da scherzare. La mia è stata una scelta basata in buona parte sia sull’intuito – lasciare a casa un bambino tutto il giorno, senza fratelli né cugini, con una sola persona non mi sembrava per nulla una scelta positiva – sia sull’immensa letteratura pedagogica che spiega i benefici estremi della scuola precoce, cioè dell’asilo nido, in termini di socializzazione, di sviluppo linguistico, di apprendimento e molto altro, compreso il saper mangiare insieme. Ovviamente sono stata fortunata nella sfortuna: perché nella mia città trovare posto era difficile, e come tantissime mamme mi sono rivolta, potendo farlo, al privato. Ma i benefici immensi dell’asilo nido sui miei due figli non finiscono con tutto ciò che un asilo può dare a un bambino. Per me è stato un modo per entrare in una piccola comunità di madri e padri, un mondo allegro, vivo, che per me è sempre stato un sostegno contro solitudine e depressione. L’asilo aiuta le madri, eccome.

Bambini a casa, sempre più soli (e pure le madri)

E dunque quando ho letto il “ragionamento”, espresso in modo goffo e infelice, della senatrice – sì, senatrice – Tiziana Drago, che ha riportato in auge il vecchio stereotipo secondo cui l’asilo fa male ai bambini, anzi è un parcheggio e andrebbe sostituito con congedi estesi alle madri, non ho provato solo un immenso disprezzo verso un’ignoranza così enorme, ma ho subito pensato anche alle conseguenze negative di un’esternazione che purtroppo fa breccia in molte donne. Che dell’asilo non si fidano, che pensano che “fino a tre anni” meglio a casa. Ne conosco tantissime, benestanti e non. E penso che che ognuno fa la scelta che crede, ma questo “lasciare il bambino in famiglia” non ha più senso se la famiglia è quella di oggi. Ovvero appunto povera di fratelli e sorelle, senza cugini, in un appartamento di città. Alla fine, quello che accade è che chi può si paga una tata che tiene il bambino tutto il giorno da sola a casa. Oppure resta la madre, tutto il giorno da sola, a casa. Con conseguenze che sono tutt’altro che benefiche, anche in termini di sicurezza e incolumità fisiche (l’asilo è statisticamente un luogo più sicuro). “Per crescere un bambino ci vuole un villaggio”, recita il noto proverbio, altro che madre sola.

Non solo. Questa madre, che secondo la senatrice Drago dovrebbe restare a casa per anni, finirà per uscire per sempre dal mondo del lavoro, ammesso che ci sia entrata. Le conseguenze? Famiglie in cui a guadagnare è solo lui, con conseguente diseguaglianza che quando le cose vanno male e si comincia a litigare diventa un incubo per le donne. E se anche le cose vanno bene, una donna che non lavorare dipenderà sempre da un uomo, fino alla fine della sua vita, perché non avrà pensione.

Asili senza qualità proliferano se mancano le strutture pubbliche

Questa diseguaglianza, come tutti gli studi indicano, inizia proprio i primi mesi di vita. Per questo è assolutamente fondamentale che i compiti siano divisi. E l’asilo nido è un aiuto formidabile per i genitori, perché permette un tempo lungo in cui i genitori sono liberi. Anche se non lavorano, visto che, lo ripeto, l’asilo serve ai genitori e insieme ai bambini. All’estero le madri mandano all’asilo i bambini anche se loro non lavorano. Perché l’asilo è una scuola, si apprende, si socializza, si imparano concetti e si vivono emozioni. Appunto, non è un parcheggio. Ma poi questo discorso odioso e insensato potrebbe forse essere fatto in un paese dove la copertura è totale e non in uno come il nostro dove, ad esempio al sud, c’è posto per un bambino su dieci. Di che stiamo parlando?

Poi certo, è vero che in alcuni paesi scandinavi la donna ha l’opzione di testare a casa pagata, ma appunto ha l’opzione, cioè può scegliere tra asilo nido oppure no. Qui da noi non c’è alcuna possibilità di scelta finché non ci sarà un sistema vero di asili nido. Ne riparliamo dunque tra qualche decennio.

Ovviamente, non tutti gli asili nido sono uguali. Ma è proprio la carenze di asili pubblici che fa sì che proliferino asili spesso di scarsa qualità, dove non c’è un progetto didattico chiaro, manca l’esperienza. Qui ovviamente portare un bambino non va bene e se è vero che non è difficile, con molta osservazione e qualche domanda mirata, capire se un asilo è buono o meno, è vero che molte madri non hanno gli strumenti necessari per valutare. Ma se un asilo fa male invece che bene, ripeto, la colpa è soprattutto del fatto che, mancando strutture controllate, prolifera il nero e l’informale.

“Il bambino sta meglio con la madre”: falso

Che dire ancora? Che in parlamento una senatrice prenda la parola per attaccare gli asili nido è qualcosa che si fa fatica a commentare. Ma non è solo lei. C’è una strisciante convinzione ancora forte, nella politica e nella società italiane, specie a destra ma non solo, per cui “un bambino sta meglio con la madre”. Questo assunto è totalmente falso. Un bambino sta bene con la madre, il padre e la comunità che può accogliere in egual misura. Ma siamo una società ancora maschilista, ripeto, dove tantissimi uomini preferirebbero evitare il conflitto che spesso la parità porta con sé: non c’è dubbio, è faticoso avere una moglie a casa tutta presa dalle gioie della maternità. Che sono gioie, invece, solo se condivise.

Nell’educazione dei miei figli io non sono mai stata la figura centrale. Per scelta. Ho cercato di esserci sempre, ma sempre lasciando spazio, delegando e affidando, condividendo la gioia che avevo. La loro educazione è stata un puzzle fatto di mille elementi, madre, padre, nonni, asilo, amici, le tantissime e affettuose ragazze e ragazzi che ci hanno dato una mano come baby sitter. Sono fortunata e mi batto perché tutte possano avere la stessa possibilità. Ma purtroppo la questione è anche culturale, e anche donne che hanno i mezzi non li usano per la paura dello stigma di non essere una buona madre, affidando i figli ad altri. Al contrario, abbiamo bisogno di spingere le donne a fidarsi degli asili e di creare asili sicuri ovunque.

Negli asili nidi e nelle scuole dell’infanzia, tra l’altro, si svolge tutto ciò che c’è di più importante direi nella società, altro che parlamento, altro che aziende. Qui crescono i futuri cittadini e i futuri donne e uomini. Che, non c’è dubbio, avranno tanti più strumenti quanto più la loro scolarizzazione sarà stata precoce.

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