“Evitare un conflitto tra Stati Uniti e Cina“. L’obiettivo comune è dichiarato, le strade da percorrere per raggiungerlo sembrano ancora molto diverse. Con la tensione tra i due Paesi tornata a livelli d’allarme su diverse tematiche, dall’influenza nell’indo-pacifico al caso di Taiwan, fino alle posizioni ancora distanti sulla lotta al cambiamento climatico, i presidenti Joe Biden e Xi Jinping si sono visti nel corso di un summit virtuale nel quale hanno cercato di favorire un riavvicinamento che eviti lo scontro frontale tra le due potenze. “Siamo come due navi giganti – ha detto il leader di Pechino – Serve tenere la mano salda sul timone per andare avanti insieme, superare le onde ed evitare lo scontro“. Ma se sui diritti umani la Repubblica Popolare promette passi in avanti, su Taiwan non ammette alcuna interferenza da parte di Washington e invita di nuovo la Casa Bianca a non intromettersi in questioni considerate di politica interna. In questa situazione, sembra che sia proprio la questione climatica il tema che può portare a un primo riavvicinamento, dopo il parziale fallimento della Cop26 di Glasgow, dove proprio la Cina, insieme all’India, sono riuscite a frenare i piani di decarbonizzazione delle altre potenze mondiali.

“Dobbiamo stabilire alcune modalità di buon senso – ha detto Biden aprendo l’incontro – e garantire una competizione tra i nostri Paesi onesta e trasparente, soprattutto di fronte a sfide vitali come la lotta ai cambiamenti climatici. Abbiamo una responsabilità di fronte al mondo oltre che di fronte ai nostri due popoli”. Il leader cinese gli ha risposto dicendosi “molto contento di vedere un vecchio amico“. I convenevoli finiscono qui. Quando il colloquio si sposta sulle singole tematiche, le distanze tornano evidenti e riemergono le solite spaccature. Xi Jinping invita il suo omologo a dare “il pieno gioco alla sua leadership politica e spingere la politica degli Stati Uniti nei confronti della Cina a tornare su un binario razionale e pragmatico“. Pragmatismo, quindi, e non battaglie sui principi, sembra voler dire il presidente comunista che invita le parti a un rapporto basato su rispetto reciproco, la pacifica convivenza e la cooperazione vantaggiosa per entrambe le parti. Che, tradotto, per la Cina significa anche zero ingerenze negli affari che riguardano Hong Kong e soprattutto Taiwan, oltre che sulla gestione della crisi nello Xinjiang. Temi sui quali, però, gli Stati Uniti per il momento non intendono soprassedere. E Joe Biden non ha mancato di ricordarlo al presidente cinese: secondo le informazioni diffuse dalla Casa Bianca, il responsabile dello Studio Ovale ha manifestato preoccupazione per la situazione dei diritti umani nello Xinjiang, a Hong Kong e in Tibet, oltre a ricordare che è compito di Washington proteggere i lavoratori e le imprese americane da pratiche economiche e commerciali ingiuste ed inique.

Un capitolo a parte è stato riservato invece a Taiwan, la piccola isola del Pacifico che ha un governo de facto, non riconosciuto dalla maggior parte della comunità internazionale, compresi gli Usa, ma che la Cina rivendica come parte del Paese. Biden si è opposto duramente “a ogni sforzo unilaterale per cambiare lo status quo a Taiwan e minare la pace e la stabilità nell’area”. È questo uno dei temi sui quali la tensione è salita, come successo già nelle settimane passate, con Xi Jinping che ha risposto alle richieste del suo omologo: “Siamo disposti a condurre un dialogo sulle questioni dei diritti umani sulla base del rispetto reciproco, ma non accettiamo il loro uso per interferire negli affari interni di altri Paesi”. Sulla situazione nello Stretto di Taiwan, ha aggiunto, pesa una nuova ondata di tensione perché le autorità dell’isola hanno ripetutamente cercato di “confidare negli Stati Uniti per l’indipendenza” e alcune persone negli Usa intendono “usare Taiwan per controllare la Cina”. Tendenza che ha definito “molto pericolosa, è giocare col fuoco e ci si brucia. Siamo pazienti sulla riunificazione, ma se le forze separatiste dovessero sfondare la linea rossa, dovremo adottare misure decisive”. E ha poi ricordato agli Stati Uniti il contenuto dei tre comunicati congiunti sino-americani, oltre al rispetto del principio dell’Unica Cina, che “sono il fondamento politico delle relazioni” bilaterali. “Il vero status quo della questione di Taiwan e il contenuto fondamentale della Unica Cina sono: c’è solo una sola Cina al mondo e Taiwan ne è una parte integrante e il governo della Repubblica Popolare è l’unico governo legale che rappresenta la Cina”. In risposta, Biden, secondo la Xinhua, ha affermato “chiaramente che gli Stati Uniti non cercano di cambiare il sistema cinese, non cercano di rafforzare le alleanze contro la Cina e non hanno intenzione di entrare in conflitto con la Cina. Il governo degli Stati Uniti è impegnato a perseguire la politica coerente a lungo termine dell’Unica Cina e di non sostenere l’indipendenza di Taiwan, sperando che lo stretto di Taiwan mantenga la pace e la stabilità”.

Un inaspettato spiraglio, dopo gli scarsi risultati ottenuti in tema di decarbonizzazione nel corso dell’ultimo G20 e della successiva Cop26 di Glasgow, si è aperto in tema di lotta al cambiamento climatico, con Biden e Xi Jinping che, conclude la Casa Bianca, “hanno discusso della natura esistenziale della crisi climatica per il mondo e del ruolo importante che Stati Uniti e Cina possono giocare”.

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