Durante le due settimane intercorse tra l’approvazione in consiglio dei ministri e l’invio in Parlamento la legge di Bilancio non solo è lievitata di 34 articoli, ma ha anche perso dei pezzi importanti. Leggendo il testo finale, in parte riscritto dai tecnici del Tesoro, si scopre che l’articolo che rivede le disposizioni sul reddito di cittadinanza è stato ulteriormente peggiorato rispetto alla versione del 28 ottobre, in cui già erano state inserite novità definite “palesemente assurde e punitivedalla sociologa Chiara Saraceno che guida il Comitato per la valutazione del reddito. E’ saltato, infatti, il comma in base al quale se un percettore avesse trovato lavoro lo stipendio avrebbe concorso solo per l’80% alla determinazione del futuro sussidio, non solo per i mesi immediatamente successivi (questo è già previsto dal “decretone” sul reddito) ma anche l’anno successivo a valle della presentazione del nuovo Isee, quando un aumento degli introiti spesso determina la perdita del beneficio.

Quella norma era stata annunciata dallo stesso premier Mario Draghi in conferenza stampa, descrivendola come una delle modifiche pensate per far sì che il sussidio smettesse di rappresentare un ostacolo all’accettazione di un’opportunità di lavoro. “In precedenza c’era un’imposta negativa del 100%“, aveva spiegato l’ex presidente della Bce, “ora invece questo viene graduato”. E invece quella parte è stata cancellata, per concentrarsi sul giro di vite sui controlli e i nuovi obblighi per i percettori, peraltro destinati a rimanere sulla carta se non si risolverà il problema per cui nei Centi per l’impiego è di fatto impossibile indicare quali offerte sono “congrue e quindi non possono essere rifiutate pena il decalage o la perdita del reddito.

La decisione peraltro è stata presa dopo che gli esperti del comitato Saraceno hanno indicato tra le loro dieci proposte per migliorare il reddito proprio l’ipotesi di consentire un cumulo parziale con il sussidio, considerando il reddito da lavoro solo per il 60%. “A partire dal terzo trimestre l’aliquota marginale riduce il sussidio nella misura del 100%”, scrivono. “Aliquote marginali così elevate costituiscono un forte scoraggiamento ad accettare un nuovo lavoro, dato che l’emersione di un reddito aggiuntivo si traduce in prospettiva in una uguale riduzione del sussidio”. Consiglio non accolto, anzi, il governo ha tolto anche il più conservativo riferimento all’80%. L’ultima chance è il passaggio parlamentare, durante il quale però il reddito rischia di finire in mezzo al fuoco incrociato delle tensioni nella maggioranza. Patto tra i leader permettendo.
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