Terapie intensive piene al 92 per cento, un’incidenza settimanale di 853 casi per 100mila abitanti (terzo dato più alto d’Europa) con 4521 casi nelle ultime ventiquattro ore (punto massimo da inizio pandemia) ed appena il 53 per cento della popolazione vaccinata. La Slovenia è sull’orlo del baratro e il possibile collasso sanitario ha spinto la task force che consiglia il governo a proporre un lockdown di 10 giorni. In alternativa, secondo quanto riferito dall’agenzia STA, “l’implementazione di restrizioni come la chiusura dei locali alle 23, l’uso più stringente del Covid Pass, lo svolgimento di eventi sportivi senza spettatori e divieti di assembramenti pubblici con più di 10 persone”. Tra le regioni più colpite spiccano la Carniola Interna-Carso con un’incidenza a sette giorni di 1.194 casi per 100mila abitanti ed il Goriziano con 1.103. La maggioranza degli ospedali sloveni sospenderà tutte le procedure ed operazioni non urgenti per aumentare la capacità dei reparti Covid-19. Hans Kluge, Direttore regionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’Europa, ha ricordato (come segnalato da New Indian Express) che “il Vecchio Continente è tornato ad essere un epicentro della pandemia proprio come un anno fa” e che quanto sta accadendo suscita “una forte preoccupazione”. La maggior parte delle nazioni dell’Europa Centrale ed Orientale ha vaccinato meno della metà della popolazione, una media inferiore rispetto a quella dell’Unione Europea ed i governi hanno preferito provare a potenziare i tassi di vaccinazione piuttosto che reimporre altre misure.

L’esecutivo sloveno ha introdotto, a metà settembre, nuove restrizioni per i non vaccinati impedendo a chi non è in possesso di un test negativo oppure non è guarito negli ultimi sei mesi di partecipare ad eventi pubblici oppure di visitare bar, ristoranti, centri commerciali, parrucchieri e stazioni di benzina. Negozi di alimentari, farmacie e visite mediche non sono, invece, soggetti a limitazioni e lo stesso vale per i minori di 12 anni. Le restrizioni governative contro il Covid-19 si sono scontrate con l’ostilità manifestata da una parte della popolazione e da alcune organizzazioni non governative della società civile. I palazzi legati al potere politico, come l’Assemblea Nazionale ed alcune importanti piazze sono luoghi dove le proteste possono svolgersi in ogni momento. Diverse migliaia di persone possono prendere parte alle dimostrazioni e la possibilità di scontri tra i dimostranti e le forze di polizia è concreta. Gli eventi di questo genere rischiano di trasformarsi in catalizzatori di contagi a causa delle situazioni di promiscuità che si creano. La provincia di Trieste, dove si sono svolte diverse manifestazioni contro il green pass, è un valido esempio. Qui l’incidenza di contagi è la più alta d’Italia con 300 nuovi casi ogni 100mila abitanti.

Il Primo Ministro sloveno Janez Janša, che detiene la presidenza di turno del Consiglio Europeo, ha dichiarato che la sua priorità è quella di garantire una risposta efficace alla pandemia e di rafforzare la resilienza verso i possibili eventi avversi che potrebbero verificarsi in futuro. La lungimiranza mostrata, a parole, da Jansa potrebbe però essere prematura visto quanto accaduto nel recente passato. La Slovenia ha scelto di non rinnovare lo stato di emergenza, durato otto mesi, nel giugno 2021 e di rimuovere la maggior parte delle restrizioni esistenti. Nel maggio del 2020, invece, la Slovenia era stata la prima nazione europea a dichiarare la fine della pandemia nel proprio territorio. Janša è il leader del Partito Democratico Sloveno, dalle tendenze nazionaliste, populiste e schierato su posizioni anti-immigrazione e presiede una coalizione di governo con un partito social liberale ed un movimento centrista. I sondaggi realizzati in vista delle elezioni previste per il 2022 vedono il Partito Democratico Sloveno in prima posizione, seppur con una percentuale di voti stimati decisamente bassa ed insufficiente a formare un governo.

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