Se eletto sindaco a Torino, il candidato del centrodestra Paolo Damilano rischia di decadere per via del suo incarico, quello di presidente della Film Commission Torino Piemonte, ente costituito tra gli altri dal Comune di Torino e dalla Regione Piemonte, che lo ha nominato. Lo denunciano da tempo i radicali dell’associazione Adelaide Aglietta e il consigliere regionale di Leu Marco Grimaldi che mercoledì, nell’assemblea piemontese, è tornato sul tema: “Film Commission ha chiarito che Damilano non svolge più il suo mandato dal 16 agosto perché lo ha terminato con dopo l’approvazione del bilancio, avvenuta a fine giugno, e da allora sono intercorsi i 45 giorni di prorogatio”, tuttavia esiste una sentenza della Cassazione per la quale la decadenza “deve essere accertata con un atto dell’ente”, ma non c’è traccia di questa decisione.

Il consigliere ha sottolineato che “Damilano avrebbe comunque dovuto dimettersi dalla carica o attivarsi per far dichiarare la sua decadenza”, ma l’imprenditore prestato alla politica tranquillizza: “I miei legali hanno seguito la cosa e hanno visto che tutto si è svolto nella più totale legalità– ha dichiarato all’Ansa –. Ho seguito l’iter legale per uscire dalla Film Commission”. Grimaldi fa però notare che “ben oltre il 16 agosto il suo nome e la sua immagine sono apparsi su articoli e post su Facebook su eventi a cui ha partecipato come presidente della Film commission – ha detto in aula –. Non ha trovato cinque minuti per dimettersi esponendo così la città a rischio di elezioni già il prossimo anno?”. “Per la legge, avrebbe potuto sanare la sua posizione entro il 4 settembre, ultimo giorno fissato per la presentazione delle candidature, ma non avendolo fatto è in posizione di ineleggibilità”, afferma Igor Boni, esponente dell’associazione radicale Adelaide Aglietta e candidato alle ultime primarie del centrosinistra.

In passato Boni aveva dichiarato pubblicamente che l’imprenditore “ha sulle spalle un conflitto di interesse che è una incudine pesantissima” e non riguarda soltanto il suo incarico nell’ente pubblico. Damilano aveva fino a pochi giorni fa cariche di vertice in moltissime aziende del Damilano Group Spa, il gruppo delle aziende della sua famiglia. Tra queste, una delle più importanti è la società Pontevecchio srl, azienda da 52 milioni di fatturato nel 2019 la cui attività principale è la produzione di acque minerali in bottiglia. Ha sette marchi, tra le quali figura Valmora, sponsor del Giro d’Italia e delle prossime Atp Finals a Torino. Nel 2019 la Pontevecchio – come emerge dai rendiconti elettorali delle Regionali 2019 consultati da ilfattoquotidiano.it – ha stanziato diecimila euro per sostenere due candidati: 5mila euro sono andati ad Alberto Cirio, esponente di Forza Italia e presidente della Regione, e altri 5mila euro ad Andrea Cerutti, consigliere della Lega, partiti che ora sostengono la sua candidatura insieme a Fratelli d’Italia.

Secondo Boni gli interessi della sua società porrebbero Damilano in conflitto di interessi perché i marchi sono titolari di sei concessioni delle 46 totali stabilite dalla Regione Piemonte. “Si tratta per la società Pontevecchio di un business assai redditizio (oltre 50 milioni di fatturato per oltre 4 milioni di utili) a fronte di concessioni dal prezzo irrisorio”, spiegava il radicale. Non c’è soltanto questo: diventando sindaco di Torino, Damilano sarebbe anche a capo della Città metropolitana, che rilascia autorizzazioni sulla base di una legge regionale, la stessa che impone alle società di acque minerali il pagamento di canoni sia alla provincia, sia alla regione. “Se Damilano dovesse divenire sindaco sarà a capo dell’ente che fornisce permessi e concessioni alla Pontevecchio srl dove lui oggi risulta essere parte del consiglio di amministrazione (fino a poco fa amministratore delegato) e suo fratello presidente”, diceva Boni ad agosto.

Da una visura camerale emerge che il 10 settembre Damilano ha protocollato le dimissioni da consigliere e ad della Pontevecchio. Negli stessi giorni ha firmato le dimissioni da molte altre cariche nelle sue aziende, società immobiliari, ristoranti e di commercio di bevande, mantenendo soltanto quella di consigliere e amministratore delegato della Damilano Immobiliare.

Le polemiche sul conflitto di interessi, però, non sono destinate a placarsi: “Se dovesse essere eletto – dice Boni –, si potrebbe fare un’azione popolare, una causa civile con cui contestare la violazione del testo unico degli enti locali sulle incompatibilità”. I radicali torinesi nel 2014 ne avevano promossa una contro Maurizio Marrone, all’epoca consigliere regionale di Fratelli d’Italia e ora assessore regionale: non si era dimesso da un incarico pubblico prima della presentazione della candidatura, così i giudici lo dichiararono incompatibile decretandone la decadenza.
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