Ho una grande paura e qualche piccola speranza.

La grande paura è la voglia di restaurazione, di Congresso di Vienna, di ritornare a tutto come prima. Alle vecchie clientele, ai soliti consociativismi, ai bandi ajo & ojo, alla simbiosi tossica tra politica e amministrazione. Questo amministrativamente, la cui traduzione politico-culturale è rubricare gli ultimi cinque anni come febbre popolare, sbandata elettorale ritornata nell’afasia dell’astensionismo.

Questa ritirata nell’astensionismo della maggior parte dei romani è invece una delle mie piccole speranze: dimostra che questo malcontento popolare non è saldato a destra. Le destre populiste non sono popolari, il popolo non è di destra. Il fascismo come possibilità di mobilitazione reazionaria delle masse non sta funzionando: nei sondaggi sì, sui media sì, ma nelle urne e nel sociale no.

La destra non è riuscita a diventare punto di riferimento stabile del malcontento, è un taxi che gli arrabbiati prendono se gli serve. La sua non è egemonia ma consenso volatile, effimero, hype da social, megafono delle rabbie. Questo non vuol dire che è debole o sconfitta, la sua opzione politica è sempre lì, ben riconoscibile e con tutte le carte in regola per essere, in modo volatile, scelta popolare di maggioranza. Però non è insediamento stabile.

Il popolo di periferia non è di destra. Non è solo questione di candidati sbagliati né di atteggiamenti ambigui e non in sintonia con la maggioranza silenziosa sulla pandemia (questioni che hanno pesato). I popoli delle periferie mostrano una loro autonomia e un loro buon senso, se vedono una novità la provano, se vedono le vecchie ricette per le solite minestre dicono: cucinatele tra voi.

La grande paura è quindi l’immensa tentazione che il vecchio Pd ha per le vecchie minestre. La paura è più che reale perché in cinque anni di opposizione il Pd non ha tirato fuori niente, nessun contenuto, nessuna organizzazione del sociale, che dimostrasse una volontà di cambiamento: è stato solo un gridare agli incapaci, con allegata foto di monnezza, e aspettare il ritorno.

Se questo sarà il mood dominante, e la mia paura è tanta, allora siamo davanti all’ennesima occasione sprecata. La sinistra ne ha una bacheca piena.

Le speranze?

La prima è appunto il fallimento del tentativo delle destre di egemonia stabile sul malcontento, di rappresentante stabile delle rabbie sociali. La seconda è, conseguente, questo buon senso popolare, disponibile a valutare le offerte volta per volta. Li si chiama analfabeti funzionali ma sono più realisti di chi li apostrofa così, li si dice reazionari ma sono alla ricerca stabile di novità reali, li si pensa apatici ma sono in realtà disponibili alle mobilitazioni.

Questa disponibilità dei romani è l’ultima grande speranza: c’è una gran voglia di novità, di cambiamento, di tornare a disegnare vite degne, di riavere una Roma della dolce vita, del loisir, dei lavori creativi, del benessere per tutti. Quella città-mondo e insieme città-popolo che è sempre stata. Questa aspettativa c’è, chi la può raccogliere?

Ultima piccola speranza: insieme ai soliti noti sono state elette alcune persone nuove (nel senso di spirito nuovo) e un sindaco onesto e capace. La speranza, tutta da verificare, è che sappiano esercitare con coraggio la loro autonomia. Per corrispondere a questo bisogno di cambiamento e novità.

Il ritorno all’ordine pre-5s, il Congresso di Vienna, il ripiamm chell ch’era ‘o nuost è una tentazione maggioritaria in questa sinistra. Il Sindaco, gli eletti nelle liste di sinistra, alcuni eletti del Pd (perfino i due arrivati primi nelle preferenze) sono di una pasta migliore, non credo vogliano restaurazioni, immagino sappiano avere una visione critica del Modello Roma degli anni di Walter Veltroni.

Troveranno una Roma per alcuni aspetti migliore di come la lasciò Gianni Alemanno (sarebbe una dimostrazione di coraggio e autonomia riconoscerlo): meno debiti, rating migliorato, bandi rimessi in legalità, molti soldi in arrivo. Lo schema “romanella per le strade per dare briciole al popolo e soldi di recovery-giubileo-expo discussi in segreto coi soliti noti” sarà il più grande pericolo e la principale opzione.

A quella quota di giusti e giuste eletti, a questo Sindaco che ha le qualità per essere un giusto, l’onore e l’onere di scongiurare queste tentazioni e di collegarsi alla grande voglia di cambiamento vero. A noi quello di sorvegliare e di volta in volta opporci o collaborare.

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