di Maurizio Donini

È doveroso tornare a girare il coltello nella piaga sui presunti rappresentanti e difensori dei lavoratori italiani. Il ruolo del sindacato in quanto tale è prezioso e indispensabile, cosa siano invece secondo me le organizzazioni sindacali in Italia è un altro discorso. Il travaso tra i massimi rappresentanti e la controparte pubblica e privata è nota, buona parte dei segretari (non solo della triplice), una volta esaurita la funzione svolta, diventano grand commis di qualche ministero, rappresentanti in Cda di aziende pubbliche e a volte anche private, per non scordare i tanti che sono diventati parlamentari. Oggi da questa parte del tavolo, domani dall’altra, sempre ben remunerati. Parlare poi della difesa dei lavoratori, quando la Cgil, ad esempio, conta oltre la metà degli iscritti come pensionati dello Spi (Sindacato pensionati italiano), appare financo eufemistico.

Ora succede che Maurizio Landini, appena terminato il blocco dei licenziamenti, il più lungo e severo di tutto l’emisfero occidentale, alla notizia che quattro aziende hanno immediatamente attivato procedure di chiusura (con metodi terzomondisti sia chiaro), alza gli scudi. Invoca un ulteriore prolungamento del divieto di licenziare, senza se e senza ma.

Scorda ovviamente di dire che tutte le quattro aziende appartengono al comparto automobilistico, non solo gravato dalla crisi di vendite delle auto dovuto alla pandemia, ma di fronte a un green deal insensato che provocherà danni occupazionali nell’ordine di milioni di posti di lavoro persi. L’obiettivo è sacrosanto, tempi e modi discutibili, l’ultimo alert viene da Alberto Bombassei della Brembo, e segue di poco quelli di Tavares, Manley e tanti altri tecnici del settore che contestano tempi e modi imposti da una politica che tace, colpevolmente, i costi sociali della transizione verde. Per arrivare ad elettrificare tutto il parco automobilistico europeo, come nei desiderata politici, ricordava Roberto Cingolani pochi giorni fa, servirebbero 8 Gw all’anno di energia pulita, l’Italia ne produce al momento 0,8 Gw, come si possa arrivare alla soglia di 8 non è dato saperlo. Ma avere risposte da politici e sindacalisti fermi al secolo scorso, che non sanno nemmeno cosa sia uno swap tra stati, è forse una novità?

Molto più facile dare la colpa, come Landini, alla globalizzazione, dimenticando che nel 2017 le esportazioni hanno garantito un lavoro a oltre 36 milioni di persone in Europa, un lavoratore su sette. Per ogni miliardo di euro generati dalle esportazioni, si creano in media 13mila posti di lavoro all’interno dell’Unione europea. Le esportazioni dall’Italia verso paesi al di fuori dell’Ue garantiscono 2,7 milioni di posti di lavoro in Italia, il 13% dei lavoratori in Italia dipende dalle esportazioni dell’Ue. Conviene chiudersi dentro i propri confini? Come scriveva Alberto Alesina, la crisi del ’29 non fu dovuta all’economia, ma alla politica, con la politica protezionistica di Herbert Hoover e l’introduzione della scellerata legge Smoot Hawley, i dazi e il credit crunch furono determinanti per il disastro.

Il Presidente dell’Inps, Raffaele Tridico, in un’intervista a Repubblica, ha dichiarato: “I dati reali dimostrano quindi che non si sono verificati i tanto temuti licenziamenti di massa previsti mesi fa. In questo periodo abbiamo assistito a una risalita molto importante dell’occupazione, testimoniata anche da una crescita dei contributi che imprese e lavoratori versano all’Istituto pari all’8% nel semestre tra gennaio e giugno 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020. Si tratta di una crescita che equivale a più di 400.000 nuovi contratti e una tendenza che ci permette di affermare che alla fine dell’anno in corso le entrate contributive, al netto di nuove chiusure che ovviamente non ci auguriamo, ritorneranno ai livelli precedenti alla pandemia”. Per non chiudere serve l’introduzione del Green Pass, quello che secondo Landini, Sbarra e Bombardieri, era illegale persino nelle mense aziendali.

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