La sostituta procuratrice di Modena Claudia Ferretti, in servizio nella città emiliana da oltre vent’anni, sarà trasferita per motivi disciplinari al Tribunale di Firenze, dove svolgerà le funzioni di giudice penale. Il motivo? È stata trovata a bere un aperitivo con un mafioso pluriomicida (per di più in zona rossa). Il 19 febbraio del 2021 i Carabinieri di Reggio Emilia, impegnati nei controlli sulle restrizioni anti-Covid, l’hanno identificata all’interno di un locale di Scandiano in compagnia del gestore e di un detenuto condannato all’ergastolo, che in quel momento si trovava in semilibertà: il 65enne siciliano Pietro Armando Bonanno, responsabile di associazione mafiosa, omicidio pluriaggravato, detenzione e porto abusivo di armi.

La notizia è diventata pubblica dopo la delibera di trasferimento del Consiglio superiore della magistratura, risalente al giugno scorso. In parallelo al procedimento disciplinare ne era stato aperto un altro per incompatibilità ambientale, in cui la Procura Generale presso la Cassazione che aveva chiesto di destinare Ferretti a funzioni civili in via cautelare. Per tanti anni – riferisce la Gazzetta di Reggio – la magistrata è stata un pubblico ministero di primo piano a Modena, oltre a fare le veci (in quanto sostituta anziana) del procuratore Luca Masini quando questi era assente. Ha seguito numerosi fascicoli per omicidio e casi di grande rilevanza, tra cui quello sulla tela del Guercino rubata a Modena nel 2014 e ritrovata a Casablanca tre anni dopo.

Una volta pizzicata al tavolo con l’ergastolano, Ferretti aveva raccontato ai Carabinieri di conoscerlo da tempo, di averlo incontrato per caso e di volerlo salutare prima che partisse per la Sicilia. Poi – ha aggiunto – si erano messi a chiacchierare perdendo di vista l’orario e sforando il coprifuoco imposto dalle norme anti-Covid. Bonanno, dal canto proprio, confermava di essersi fermato a prendere un panino d’asporto e di aver incontrato per caso “la dottoressa“. Il siciliano è un esperto di armi condannato all’ergastolo come killer della mafia trapanese: la Cassazione ha ritenuto colpevole dell’omicidio di Pietro Ingoglia, ucciso in auto col padre Filippo, e di un pastore, Vincenzo Petralia. Il 13 aprile l'”anomala frequentazione” tra i due induce la prima Commissione del Csm ad aprire la procedura di trasferimento per incompatibilità ambientale, poi interrotta in seguito al trasferimento disciplinare a Firenze.

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