Per l’immunologo e membro del Comitato tecnico-scientifico Sergio Abrignani “l’unica soluzione” contro il Covid in vista della ripresa della scuola e dell’autuno “è l’obbligo vaccinale”, dice in un’intervista a La Stampa chiedendo “a gran voce che la vaccinazione diventi obbligatoria” per un “motivo di sanità pubblica, per mitigare quello che avverrà nelle prossime settimane, cioè un aumento dei ricoveri dei non vaccinati”. Secondo Abrignani, anche il Green pass, che è “un ottimo strumento e sta funzionando”, sarà determinante nei prossimi mesi quando, con l’arrivo del freddo, molte attività non avranno più disponibili i posti all’aperto per i quali non è necessario avere la certificazione: “Molti esitanti si convinceranno, alcuni contrari al vaccino cambieranno idea”.

E l’obbligo vaccinale, continua l’immunologo, diventerebbe una risposta efficace anche contro i no-vax “animati da certezze paranoidi, e quelli non li smuovi se non imponendo per legge la vaccinazione”. La posizione di Abrigani trova per certi versi d’accordo anche la ministra degli Affari regionali Mariastella Gelmini: “Siamo dalla parte della scienza, abbiamo fortemente voluto il Green Pass e sì, siamo favorevoli all’obbligo vaccinale“, ha dichiarato a Repubblica, ricordando che “non è un caso” che la Sicilia – che tornerà in zona gialla da lunedì 30 agosto – è la regione “con il minor numero di iniezioni fatte e non per colpa degli amministratori”. “Se nel giro di qualche settimana non si raggiunge l’80% di immunizzati – conclude Gelmini che già negli scorsi giorni aveva aperto alla possibilità – credo che sarebbe giusto prevedere una forma di obbligo vaccinale, almeno per chi svolge funzioni pubbliche”.

Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza, dalle pagine del Messaggero, si dice invece della necessità di un Green pass largamente esteso anche a “trasporti, scuole, attività di lavoro, bar, ristoranti” perché sarebbe un “enorme incoraggiamento” alla vaccinazione. “Chiaramente, l’obbligatorietà deve essere decisa dal governo, ed è un atto etico di protezione”, aggiunge Ricciardi, “anche nei confronti di chi ha paura di vaccinarsi. Personalmente, non sono contrario”. Intanto però il Green pass “non andrebbe dato più a chi fa il tampone – continua – ma dovrebbe essere una certificazione rilasciata soltanto a chi si è vaccinato o è guarito. Senza la vaccinazione di massa, pensare di convivere con il virus è una pia illusione”.

Ma in Italia, intanto, sono 3 milioni e mezzo gli over 50 che non si sono ancora vaccinati: un dato che preoccupa il membro del Cts Abrignani, perché quella degli over 50 è una delle fasce della popolazione più a rischio di sviluppare forme gravi di infezione da Covid-19: “Una parte finirà inevitabilmente in ospedale, in terapia intensiva – commenta l’immunologo – Lo stiamo già vedendo: i nuovi ricoverati sono quasi solo loro”. E sull’opzione di anticipare la terza dose di vaccino per incrementare ulteriormente la copertura contro il virus, l’immunologo risponde che ha senso se somministrata ai “soggetti fragili con una chiara immunodeficienza” e “poi le categorie ‘suscettibili’ come gli anziani e gli operatori sanitari”.

Ma anticipare una terza dose per tutti “non è possibile”, spiega Abrignani, perché la priorità “è proteggere prima chi non è vaccinato”. Infine, sulla possibilità di estendere l’obbligo di green pass anche agli uffici pubblici e privati, l’immunologo esprime il suo favore: “Io vorrei l’obbligo vaccinale, si figuri se non sono favorevole all’estensione totale del green pass“, dice a La Stampa, spiegando che la scelta deve avvenire “in un’ottica di mitigazione del rischio”, come è avvenuto con le mense aziendali dove “si è scelto di intervenire lì dove si è meno protetti, visto che quando si mangia si sta senza mascherina”.

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