La polemica sulla legge Zan si è attorcigliata fino a sembrare testarda o ad annoiare, e proprio per questo, per evitare l’insabbiamento, bisogna tornare ad affrontarla con chiarezza ma anche con creatività. Le ragioni, “tutte politiche” dei partiti e dei gruppi del Senato che ambiscono a intestarsi vittorie o a passarsi il cerino delle sconfitte, sono legittime ma andrebbero tenute in secondo piano. La spregiudicatezza della Lega che dopo aver definito inutile una legge contro contro l’omofobia ora recita la parte di chi ha a cuore che una legge si realizzi è scandalosa, ma non è un motivo sufficiente per scartare un compromesso.

Mi riferisco alla “identità di genere”. Questa espressione è stata introdotta nel testo della legge per ragioni validissime e non per fare provocazioni o fughe in avanti. Ma ha suscitato incomprensioni e soprattutto è stata strumentalizzata dagli oppositori della legge. A chi vuole togliere l’identità di genere, come a chi afferma che se la si toglie “allora è meglio nessuna legge”, va posta una questione molto concreta che è al tempo stesso la questione di fondo. Una legge che estenda l’aggravante Mancino ai casi in cui ci sono moventi omofobici o transfobici senza citare esplicitamente l’identità di genere è applicabile efficacemente per difendere i transgender?

O viceversa: è plausibile che dopo l’approvazione di una legge che parli di omotransfobia – senza citare l’identità di genere – un giudice decida che l’aggravante non si applica a chi aggredisce un/una transgender, una persona che non ha compiuto un cambiamento di genere, un non binario? E’ questo che vogliono gli oppositori della identità di genere? Vogliono l’aggravante per i gay e i transessuali, ma non per i transgender? Non credo. E allora prima di tornare alle tattiche o allo scontro politico, si vada a una verifica tecnica coi giuristi. E magari si faccia quello che finora era stato escluso, ma escluderlo non ci salva da insabbiamenti e ostruzionismo: si affidi la questione al Governo.

Questo ragionamento non deve e non può ignorare che dietro al no alla presenza della espressione ‘identità di genere’ nella legge Zan, dietro a obiezioni che appaiono infondate o pretestuose o strumentali, c’è una questione vera che sarà oggetto di una prossima battaglia civile. Ovvero, l’autodeterminazione della identità di genere e il riconoscimento di identità non binaria. Detto in parole più semplici: il diritto a cambiare da maschio a femmina a neutro o viceversa, senza passare per operazioni chirurgiche o autorizzazioni medico-psicologiche.

I conservatori di ogni tipo sono spaventati da questa possibilità che sta prendendo piede nel mondo, perché pensano che stravolgerebbe tutto, mentre in realtà servirebbe solo a far vivere meglio piccole minoranze attualmente oppresse. In ogni caso si tratta di un’altra pagine, un’altra lotta, un’altra legge, ne parliamo domani, o anche oggi. Ma intanto si cerchi il modo di disincagliare la legge contro l’omotransfobia per la quale il paese è maturo, la magistratura anche, la polizia anche ma di cui c’è bisogno perché altrimenti in troppi casi c’è impunità.

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