Il discorso pronunciato alla tv di Stato dal presidente tunisino Kaïs Saïed la sera del 25 luglio, al termine di una giornata di proteste di massa, potrebbe aver depositato e chiuso a chiave nel contenitore delle frasi fatte l’espressione “storia di successo”. Così molti analisti e giornalisti hanno descritto la Tunisia nei 10 anni successivi alla rivoluzione che, nel gennaio 2011, pose fine all’era di Zine El Abidine Ben Ali.

Quel decennio non è minimamente paragonabile a quanto accaduto in altri Stati dell’area (penso soprattutto alla Libia, ma anche all’Egitto) ma sarebbe comunque più opportuno descriverlo come una “storia di insuccessi”.

In diverse occasioni, in questo blog, ho ricordato quanti danni l’incompletezza della transizione abbia prodotto ai diritti umani: l’impunità delle forze di sicurezza si è rivelata dura a morire, le leggi intese a contrastare il terrorismo hanno prodotto eccessi e abusi, l’intolleranza verso le voci critiche non è mai cessata.

A livello politico, l’esito delle elezioni della fine del 2019 ha dato luogo a un parlamento frastagliato, con una maggioranza del tutto relativa di forze islamiste incapaci di governare ma capaci di produrre paralisi e conflitto. Da quelle elezioni sono derivati tre successivi governi privi di credibilità e forza di agire e l’ultimo di questi, quello di Hichem Mechichi, è stato per l’appunto deposto dal presidente Saïed.

Tornando al 25 luglio, Saïed ha sospeso il Parlamento per 30 giorni, tolto l’immunità ai parlamentari, annunciato che intenderà occuparsi personalmente dei procedimenti giudiziari a loro carico e minacciato “grandinate di pallottole” contro chi avesse intenzione di sparare un solo colpo contro le forze di sicurezza.

Nell’annunciare questi provvedimenti di emergenza, Saïed ha fatto riferimento all’articolo 80 della Costituzione del 2014. Ne ha citato solo la prima parte, tuttavia, quella che lo autorizza ad assumere misure nel caso in cui vi sia una imminente minaccia alla sicurezza e all’indipendenza dello Stato.

Lo ha fatto senza consultare nessuno, come invece prevede l’articolo, e senza tener conto che la Corte costituzionale, sempre menzionata da quell’articolo come garanzia per i diritti dei cittadini, semplicemente non esiste perché nessun Parlamento è riuscito a nominarla.

Intanto la pandemia da Covid-19 imperversa: la Tunisia è ora il secondo paese al mondo per numero di morti per milione di abitanti.

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