È bastato un semplice clic per far partire via mail le lettere di licenziamento di tutti i 422 dipendenti della Gkn driveline di Campi Bisenzio, nei pressi di Firenze. Con lo stesso clic, pochi mesi prima della decisione di chiudere l’impianto toscano, i manager di Melrose, il fondo speculativo inglese che ha preso il controllo di Gkn nel 2018, andavano all’incasso. Un clic dal computer per dare ordine di vendita delle azioni di Melrose da parte del Ceo Simon Peckham e del vicepresidente Chistopher Miller.

Il primo Peckham ha venduto in aprile, secondo quanto riporta la banca dati S&P Global market Intelligence, 4 milioni di azioni Melrose per un incasso di circa 7 milioni di sterline; il secondo Miller è passato all’incasso vendendo tra marzo e aprile 8,7 milioni di titoli per un incasso di circa 15 milioni di sterline. Ironia della sorte se sommate le due cifre – 22 milioni di sterline equivalgono a più di 25 milioni di euro – i due manager di Melrose hanno portato a casa insieme più di quanto costano alla controllata Gkn i 422 dipendenti mandati a casa all’istante. Il costo del personale nel 2020 dell’azienda di Campi Bisenzio è stato di 19 milioni di euro. Meno del valore in azioni incassati dai due manager del fondo inglese.

Sta in questa discrasia profonda, tra le sorti di chi lavora e di chi governa, la cosiddetta finanziarizzazione dell’economia reale. A Melrose, che acquistò nel 2018 le attività di Gkn che opera nella componentistica per auto, importa poco o nulla cosa si produce e vende a Campi Bisenzio. Importano solo i dati finanziari, quanti margini e profitti si riescono a produrre. Se si compra nel 2018 un’azienda che fa componentistica auto in un mercato che soffre da tempo di eccesso di offerta e di concorrenza sui prezzi, non ci si può aspettare poi rendimenti da capogiro del capitale investito.

E invece per il fondo schiacciasassi l’impresa era semplice. Del resto il motto per Melrose è “buy, improve, sell”, cioè “compra, migliora e vendi” . Ai padroni del fondo non importa l’investimento duraturo nel tempo. Entrano nelle aziende, ristrutturano con l’obiettivo di vendere al più presto a un prezzo più alto di quanto hanno pagato. Ma per far ciò devi raggiungere target di margini e profitti tali da far salire il valore dell’azienda. Non sempre come nel caso di Gkn ci si riesce e allora si stacca la spina. Il prezzo lo pagano i lavoratori, mentre la fuga di chi ha congegnato l’operazione Gkn come altre, si traduce nella vendita delle corpose azioni assegnate come bonus e si incassano cifre milionarie.

Che il polo di Gkn a Firenze non andasse bene è nei numeri, che però non sono così negativi da portare a una scelta così drammatica come la chiusura e i licenziamenti. Nel 2020, complice il Covid, il polo di Firenze ha fatturato 103 milioni contro i 140 milioni del 2019. Un calo forte dei ricavi, compensato in parte però dalla cassa integrazione che ha fatto scendere il costo del lavoro da 24 milioni a 19 milioni. La perdita è stata di 4,5 milioni dopo i 3,5 milioni del 2019. Ma negli anni precedenti la fabbrica di Campi Bisenzio aveva prodotto utili per 10 milioni. Una battuta d’arresto, quindi, non una slavina.

E sono gli stessi vertici aziendali a rassicurare. Nel bilancio dello scorso anno scrivono che nella seconda parte del 2020 le cose hanno ripreso a funzionare e che il primo trimestre del 2021 ha visto una crescita dei ricavi del 7% e del 14% sul budget di previsione. La Gkn di Campi Bisenzio stava, come sostengono i vertici aziendali nella relazione di bilancio, risalendo la china, dimostrando che la caduta non era irreversibile. E voilà ecco arrivare lo stesso la scure dai padroni inglesi di Melrose. Il 2020 non è stato affatto disastroso per il fondo. Anzi. Melrose ha prodotto cassa per la bellezza di 628 milioni di sterline su 9 miliardi di ricavi. E i gestori del fondo, padroni dal 2018 di Gkn, si vantano di aver restituito ai loro azionisti tra performance delle azioni e dividendi dalla nascita del fondo nel 2003, la cifra imponente di 4,7 miliardi di sterline.

Una macchina da soldi, per i suoi azionisti, non certo per il destino delle imprese che comprano, ristrutturano e rivendono come nel caso di Gkn di Firenze, chiusa in un lampo per pochi milioni di perdite in due anni, che stavano per essere recuperate. Ma mentre a Firenze si apre il dramma di oltre 400 famiglie senza più stipendio, i manager di Melrose hanno di che dirsi soddisfatti. Nonostante gli incassi milionari dalla vendita delle loro azioni, Simon Peckham, l’ad di Melrose e il vicepresidente Christopher Miller non sono rimasti a mani vuote. Peckham siede tuttora su un pacchetto di 13,4 milioni di azioni Melrose che valgono ai prezzi attuali 20 milioni di sterline e Miller vanta un pacchetto di titoli da 25 milioni di sterline. Se la chiusura di Campi Bisenzio alzerà i margini totali del gruppo allora il titolo in Borsa finirà per salire gonfiando ancora di più il valore del loro pacchetto di azioni.

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