Sempre più travagliato il cammino del disegno di legge “Zan”. La legge – già approvata alla Camera nel novembre del 2020 – si propone di prevenire e contrastare la discriminazione e la violenza basate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità (in una parola, l’omofobia). Essa è contrastata con durezza dalla destra, in particolare dalla Lega, che la tiene bloccata in Commissione seppellendola sotto una valanga di emendamenti e di richieste di audizioni (oltre 170). Al punto che i senatori Pd, M5s e Leu hanno scritto alla Casellati chiedendo di passare subito al voto in aula.

Ora la situazione si complica per un intervento del Vaticano, secondo cui la legge Zan ridurrebbe la libertà garantita alla Chiesa dalla revisione del Concordato firmata nel 1984 dal presidente del Consiglio Bettino Craxi e da Monsignor Agostino Casaroli.

La Chiesa contesta in particolare il fatto che la legge non esenti le scuole private dall’organizzare attività in occasione della istituenda Giornata contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia, attentando alla libertà di pensiero dei cattolici. Eppure, leggi con le stesse finalità sono in vigore da tempo nei maggiori Paesi europei.

Già in precedenti prese di posizione della Cei si erano contestati gli obiettivi del ddl Zan: “Una legge che intende combattere la discriminazione non può perseguire l’obiettivo con l’intolleranza, mettendo in discussione la realtà della differenza fra uomo e donna”.

La prima, dura reazione si è avuta dall’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (Uaar). Ma penso che i partiti laici e riformisti debbano reagire con fermezza, arrivando a rimettere il discussione il Concordato.

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