Anche l’Italia, dopo le proteste, ha firmato la dichiarazione congiunta di 13 Paesi Ue contro la legge ungherese anti-Lgbt approvata nei giorni scorsi. A sottoscrivere il testo a margine del Consiglio Affari generali in Lussemburgo, su iniziativa del Belgio, sono stati per primi: Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Lettonia. L’Italia inizialmente aveva preso tempo, chiedendo, tramite il sottosegretario dem Enzo Amendola, “chiarimenti a Budapest” in Consiglio. Poi, alla fine della seduta, l’annuncio: “Anche l’Italia ha firmato”, ha scritto su Twitter. Nel frattempo però erano iniziate a montare le polemiche, anche nel fronte dello stesso Partito democratico. La notizia della “prudenza” italiana era infatti arrivata al termine di una giornata di polemiche e tensioni proprio sui diritti sia in Italia che in Europa. Da una parte c’è la partita Germania-Ungheria che si gioca a Monaco mercoledì 23 giugno: alla vigilia del match l’Uefa è intervenuta negando la possibilità di illuminare lo stadio con i colori arcobaleno in segno di protesta proprio con lo Stato ungherese. Dall’altra, c’è il caso dell’Italia: il Vaticano è piombato nella discussione sul ddl Zan contro l’omotransfobia chiedendo una modifica del testo e impugnando il Concordato. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, interpellato, ha annunciato che si esprimerà sul provvedimento contro l’omofobia in Parlamento e ha riconosciuto che si tratta di “un tema importante”. Finora il premier non ha preso posizione sul disegno di legge che divide la sua maggioranza.

Intanto lo scontro in Europa è sulla questione ungherese: la legge approvata la settimana scorsa vieta film e libri con “contenuti lgbt” ai minori di 18 anni con la motivazione che si intende vietare “la promozione dell’omosessualità ai minori”. Per questo 14 Stati hanno chiesto alla commissione di valutare il caso e prendere posizione. “La Commissione europea sta esaminando” la legge “per verificare se violi la normativa Ue”, ha detto Vera Jourova, al termine del Consiglio Affari generali. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen “ha già espresso le sue preoccupazioni”, dicendo “chiaramente che noi crediamo in un’Europa che abbraccia la diversità e non la nasconde ai nostri bambini e ragazzi”, ha spiegato Jourova, sottolineando che Bruxelles non vede “sforzi significativi” da parte di Budapest “per trovare un terreno d’intesa con i valori Ue”. Jourova ha sottolineato anche la necessità di proteggere “la libertà di espressione”, poiché “nessuno deve vedersi discriminato per il proprio orientamento sessuale”.

Alla riunione odierna dei ministri europei con delega agli Affari generali si è svolta una seconda audizione su Ungheria e Polonia nel contesto dell’articolo 7 dei Trattati europei, che prevede un meccanismo per la sospensione di alcuni dei diritti di adesione di uno Stato membro – come per esempio il diritto di voto nelle sedi istituzionali – in caso di violazione grave e persistente dei principi su cui poggia l’Ue. Amendola, sottosegretario Pd alla presidente del Consiglio con delega agli Affari europei, ha deciso di firmare solo alla fine del Consiglio e prima ha chiesto “chiarimenti” Budapest che però non sono arrivati. “Non abbiamo aderito alla petizione di alcuni Stati, preferendo attendere la posizione ungherese in Consiglio“, aveva spiegato. Le perplessità tuttavia rimangono. Si impone una valutazione approfondita della Commissione. L’Italia, come da recente dichiarazione a Coimbra, non ha mai fatto mancare sostegno ai diritti Lgbtiq a livello europeo”.

Il primo a criticare la posizione dell’Italia in Europa era stato l’eurodeputato dem Pierfrancesco Majorino, collega di partito dello stesso Enzo Amendola: “Il fatto che manchi la firma dell’Italia nel documento degli Stati Ue che condanna la Legge anti-lgbtqi dell’Ungheria non è affatto un bel messaggio”, aveva scritto su Twitter. “Evidentemente non è un grande giorno per i diritti“. Proteste anche da Sinistra italiana: “Davvero l’Italia non ha firmato la lettera di 13 paesi UE che manifestano preoccupazione per l’ennesima legge liberticida del regime ungherese? Davvero non abbiamo nulla di cui preoccuparci?”, ha scritto in una nota il segretario Nicola Fratoianni. “Mi auguro che il governo smentisca rapidamente questa notizia”. Si era unita anche l’ex presidente della Camera Laura Boldrini (Pd): “Dalla Germania alla Spagna, dalla Francia al Belgio: ben 13 paesi firmano la dichiarazione contro la legge che, in Ungheria, discrimina la comunità Lgbtqi. Avrei voluto vedere – e insieme a me moltissime persone- il nome dell’Italia fra i firmatari. Purtroppo non è successo”. E poco dopo aveva parlato l’europarlamentare M5s Tiziana Beghin: “Il Movimento 5 Stelle condivide l’iniziativa promossa dal Belgio di una dichiarazione congiunta contro la legge ungherese anti Lgbtiq. Sui diritti di tutti i cittadini né l’Unione europea, né l’Italia possono accettare passi indietro”. Una linea confermata dall’esecutivo con l’annuncio arrivato dallo stesso Amendola.

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