Proteggere almeno il 30 per cento di terre e mari europei entro il 2030 e introdurre obiettivi vincolanti per legge per ciascun Paese membro. E’ passata a grande maggioranza all’Europarlamento la risoluzione sulla Strategia sulla biodiversità. I sì sono stati 515, con 90 contrari e 86 astensioni: ora la parola passa di nuovo alla Commissione, che ha una nuova base su cui ripartire. Il testo approvato è stato arricchito anche di diverse raccomandazioni e soprattutto ha resistito a emendamenti (bocciati) che miravano a scardinare le soglie di tutela. Le premesse indicano che “su circa 8 milioni di specie esistenti, un milione sono a rischio di estinzione” e “almeno il 30% delle specie e degli habitat che non hanno uno stato di conservazione soddisfacente”, obiettivo che si chiede di raggiungere. Ma il passaggio più significativo il passaggio sulla necessità di introdurre obiettivi vincolanti, una scelta che deriva dal fallimento della strategia per il 2020, sia a causa della mancanza di stanziamenti da parte degli Stati per raggiungere gli obiettivi, sia per l’assenza di un sistema che fosse in grado di monitorare i progressi.

“La nuova strategia deve affrontare in modo adeguato le cinque principali cause dei cambiamenti, cambiamenti nell’uso del suolo e del mare, sfruttamento diretto degli organismi, cambiamenti climatici, inquinamento e specie esotiche invasive” hanno sottolineato i deputati, insistendo sulla necessità di “mobilitare 20 miliardi di euro all’anno per l’azione a favore della biodiversità in Europa”. Si chiede anche di rafforzare la tutela per gli ecosistemi più rischio, come le foreste. Così, da un lato il Parlamento Ue chiede che per il 10% delle terre protette (un terzo del totale) le norme debbano essere particolarmente stringenti, dall’altro vuole che proprio in questa quota vengano considerate tutte le foreste vergini e le foreste di vecchia crescita, con “obiettivi nazionali che tengano conto delle differenze, quali dimensione geografica o percentuale di aree naturali”. Tra le misure votate, anche l’adozione di una moratoria sul deep sea mining, ossia l’estrazione di metalli dai fondali marini. I deputati europei si oppongono, poi, a una nuova autorizzazione del glifosato dopo il 31 dicembre 2022 e chiedono nuovamente “una revisione urgente dell’iniziativa dell’Ue a favore degli impollinatori”, votando anche per la riduzione dell’uso dei pesticidi del 50 per cento entro il 2030. Il Parlamento europeo chiede anche che venga stipulato un “accordo di Parigi” sulla biodiversità in occasione della Conferenza Onu che si terrà il prossimo autunno.

C’è chi è scontento. Per gli eurodeputati di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza, Pietro Fiocchi e Nicola Procaccini “il testo è stato appesantito e gravato da una moltiplicazione di obiettivi che manifestano un approccio fortemente ideologico e tale da rendere la Strategia poco credibile”. Secondo il gruppo Ecr, che riunisce anche gli eurodeputati del partito di Giorgia Meloni e che comunque ha votato in prevalenza a favore della Strategia, il Rapporto risulta sbilanciato, mostrando “troppe ingerenze su competenze che appartengono agli Stati nazionali”. E annunciano battaglia su eventuali azioni che, proprio in base a questa risoluzione, vorrà intraprendere la Commissione Ue e che possano avere conseguenze sulle attività economiche e, quindi, su agricoltori, allevatori e operatori della filiera italiana. Eppure proprio la Cia-Agricoltori italiani, ricordando che proprio l’Italia, da sola, detiene il 50 per cento della biodiversità vegetale e il 30 di quella animale di tutta la Ue, ha commentato il voto, definendo il testo “migliorativo rispetto alla proposta della Commissione, che tiene conto della funzione e delle necessità del settore primario” e che, rispetto all’opposizione alla ri-autorizzazione del glifosato “afferma come gli agricoltori abbiano bisogno di una gamma più ampia di soluzioni e metodi alternativi, efficaci, accessibili ed ecologicamente sicuri per la protezione delle colture”.

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