Il caso Astrazeneca sul tavolo degli esperti del Comitato tecnico scientifico. E si attende a breve un pronunciamento. Una “riflessione” sulla somministrazione del vaccino sviluppato dai ricercatori dell’Università di Oxford ai giovani e giovanissimi era arrivata mercoledì mattina dal coordinatore del Cts e presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli e da altri scienziati. In questi giorni – dopo i casi di Genova e Lucca con una 18enne e una 42enne ricoverate in gravi condizioni dopo l’inoculazione il dibattito sull’opportunità di fare il vaccino (che in Italia è raccomandato agli over 60 dall’Aifa) è diventato incandescente. “Vi è in queste ore un’attenzione suprema per cogliere tutti i segnali che possono allertare su eventuali effetti collaterali che portino a considerare dei cambiamenti di indicazione. Il vaccino di AstraZeneca è già preferenzialmente raccomandato per i soggetti sopra i 60 anni di età, perché il rapporto tra i benefici derivanti dalla vaccinazione ed eventuali rischi diventa incrementale con l’età e particolarmente favorevole sopra questa soglia – ha ricordato Locatelli questa mattina a Rainews24 – Quello che si è verificato nella sfortunata ragazza di Genova, cui va tutta la mia attenzione e il mio affetto per quanto accaduto pone un’ulteriore riflessione, anche alla luce del mutato contesto epidemiologico, in quanto la riduzione dei casi che abbiamo nel Paese rende anche più cogente tale riflessione”.

Il professor Locatelli fa riferimento a un report dell’Agenzia europea per il farmaco (Ema) del 23 aprile scorso – di cui ha scritto quasi un mese fa il Fattoquotidiano.it – che contiene diverse tabelle in cui si confrontano le ospedalizzazioni e le morti prevenute con le somministrazioni a fronte dei casi di trombi con carenza di piastrine in tre scenari ovvero con un alto tasso di infezione (886 casi di positività ogni 100mila), con un tasso medio (401 su 100mila) e un tasso basso (55 su 100mila) per sette classi di età: 20-29 anni, 30-39 anni, 40-49 anni. 50-59 anni, 60-69 anni, 70-79 anni e over 80. Ma con una bassa circolazione del virus la somministrazione del vaccino nella fascia 50-59 anni il rapporto rischio/beneficio non è così favorevole perché si evita un solo decesso a fronte di 1.1 casi di trombosi. Con l’abbassarsi della soglia nella fascia di popolazione più giovane – tranne per la fascia 20-29 anni – il rapporto rischio-beneficio resta a favore del vaccino ma la proporzione si assottiglia di molto. Con una bassa circolazione è anche sfavorevole il rapporto nella fascia 40-49 anni. Per cui si previene un ricovero e un decesso a fronte di 1.1 casi di trombi. La VITT, continuano a ripetere tutti gli esperti, è estremamente rara e soprattutto trattabile, quando diagnosticata precocemente, con una terapia ad hoc con infusione di immunoglobuline ed anticoagulanti non eparinici.

“Sappiamo che il vaccino Astrazeneca è indicato sopra i 60 anni. Ciò non significa che non possa essere usato al di sotto dei 60 anni, ma è evidente che più si abbassa l’età, minore è sicuramente il rischio di sviluppare la malattia grave” causata dal Sars-Cov-2. Quindi, “soprattutto nelle donne, dove sono state osservate alcune complicanze legate a questo vaccino, va usato probabilmente con maggior giudizio” ha detto, parlando dei dubbi sulla somministrazione di Astrazeneca ai ragazzi, il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri ai microfoni del Gr1 su Rai Radio1, sottolineando anche come “nel dubbio debba esserci la massima precauzione possibile“. Sulla questione, sollevata nei giorni scorsi da alcuni esperti, per Sileri “va data una risposta a partire da Aifa e poi da tutti gli enti che, anche a livello europeo centrale, fanno la farmacovigilanza. È chiaro – ha concluso – che la raccolta dei casi, non solo quelli italiani, aiuterà a dare risposte. Nel mentre, se ci sono dei problemi nei soggetti più giovani, è chiaro che lì l’indicazione, a fronte del rapporto rischio beneficio, può venir meno. Ma tutto questo sotto i 30 anni”.

E pensare che solo qualche settimana fa la questione riguardava gli under 60 e in particolare la fascia 50-59. Sul punto l’immunologa Antonella Viola aveva detto di valutare l’opportunità di somministrare il vaccino agli under 60 uomini in considerazione del fatto che che le osservazioni dei casi hanno mostrato che sono le donne tra i 18 e i 55 anni quelle colpite dai trombi. In Gran Bretagna – patria del composto con cui è stato vaccinato anche il 56enne premier Boris Johnson – prima è stata fissata la soglia di somministrazione per gli over 30 e poi successivamente innalzata a 40. I ricercatori di Oxford hanno anche sospeso la sperimentazione del vaccino da loro sviluppato sugli under 18. Con milioni di dosi ferme nei frigoriferi in Italia come del resto in altri paesi europei, Germania in primis, sono scattate le iniziative di open day per dare la possibilità a chi lo volesse di vaccinarsi con un composto considerato “efficace e sicuro“. Tanto che sia il premier italiano, Mario Draghi (73 anni), che la cancelliera tedesca Angela Merkel (66 anni) sono stati vaccinati con Astrazeneca. E le iniziative su base volontaria hanno perlopiù riscosso un buon successo.

“Per il vaccino di AstraZeneca potrebbe essere utile valutare una limitazione dai 50 anni in su per le donne e dai 40 in su per gli uomini come elemento prospettico. Ma a deciderlo deve essere l’Aifa in modo che sia ufficiale. Non basta una indicazione o una comunicazione” dice il virologo Fabrizio Pregliasco, docente all’Università Statale di Milano. Nei casi specifici “si tratta di approfondire e verificare quello che è successo. Bisogna vedere – afferma Pregliasco – se si tratta effettivamente di casi con coaguli e bassi livelli di piastrine. Ad oggi sono 6 casi ogni milione di persone” le reazioni gravi al vaccino. “Il rischio del vaccino anti-Covid di AstraZeneca per le donne sotto i 50 anni è infinitesimale e lo resta anche adesso. Tuttavia, da un punto di vista prettamente operativo e pragmatico, se si vuole un successo della vaccinazione fra i giovani usiamo un prodotto diverso, adesso che i vaccini ci sono in quantità adeguate. Così nessuno parla più” afferma Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano e docente all’università Vita-Salute. “La vaccinazione dei giovani – sottolinea all’Adnkronos Salute – è importante per spezzare la circolazione del virus, specie con la ripresa delle attività e delle scuole a settembre. Ma facciamola con altri vaccini e non con AstraZeneca, se ne abbiamo a sufficienza, come pare”.

Clementi riflette sugli ‘AstraDay’ rivolti ai giovani, che sono finiti al centro di alcune critiche anche da esperti. “Si potevano evitare – ammette – Anche perché, mentre l’Agenzia europea del farmaco Ema ha aperto a tutte le età per i vaccini a vettore adenovirale, l’italiana Aifa è stata leggermente più stringente, più prudente, e ha suggerito un uso preferenziale sopra i 60 anni. La raccomandazione un debolissimo razionale ce l’ha”. L’Ema ha anche messo a disposizione uno schema che mostra come il rapporto rischi-benefici del vaccino AstraZeneca sia più alto con il crescere dell’età. I giovani “sono consapevoli che non ammalano o si ammalano con sintomi lievi. Se fanno il vaccino, lo fanno per difendere i propri familiari fragili o anziani – riflette l’esperto – Incrementare la loro adesione può essere positivo, cerchiamo di favorirla. Possiamo riuscirci anche se, a fronte della vaccinazione, diamo maggiori libertà. Penso ad esempio alle tanto discusse discoteche: io non vedrei male che un vaccinato possa andare in discoteca a luglio, soprattutto se all’aperto”.

AstraZeneca “è un vaccino sicuro ed efficace. In alcuni casi, però, c’è un’associazione rarissima con una complicanza“, le trombosi rare. Sulla fascia di età dell’utilizzo di questo vaccino “sono state date indicazioni, ma c’è un problema di coerenza rispetto a queste indicazioni. Se c’è un’alternativa” ad AstraZeneca nei giovani, “va usata quest’alternativa” afferma afferma Andrea Crisanti, ospite a L’aria che tira su La7, commentando i dubbi crescenti sulla somministrazione del vaccino AstraZeneca ai 18-20enni durante gli Open Days nelle varie regioni. Ricordando che “c’è un processo che avviene naturalmente per ogni vaccino, che viene autorizzato con determinate indicazioni. Via via che si accumulano i dati, il perimetro delle indicazioni cambia. Questo sta accadendo con AstraZeneca – sottolinea – C’è bisogno di chiarezza, che può arrivare dai dati e dalla trasparenza, dalla condivisione dei dati con la comunità scientifica“.

Sul punto ieri si è espresso anche il professor Massimo Galli rispondendo a una domanda durante il programma CartaBianca:”Quanto è ancora indispensabile Astrazeneca per mettere in sicurezza la popolazione? In altre parole, una cosa che non so e che mi è impossibile definire con chiarezza è se i quantitativi previsti di questo vaccino sono ancora completamente indispensabili per poter chiudere l’operazione fondamentale del mettere in sicurezza gran parte della popolazione e ridurre in maniera significativa la circolazione del virus. Se questa cosa è ottenibile anche con gli altri vaccini allora possiamo dire che, perlomeno alle giovani donne, farei a meno di darlo perché in ogni caso si è attirato troppi patemi, è anche una questione di qualità di vita e di serenità delle persone. Perché possiamo dire tutto quello che vogliamo ma, ripeto, la frittata, da questo punto di vista, è stata fatta”.

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