Reinhard Marx lascia il tavolo. Il cardinale tedesco, personalità di punta del fronte riformatore, l’uomo che ha messo in moto il “cammino sinodale” della Chiesa tedesca dove si affronteranno i temi caldi che in Vaticano sono ancora tabù (celibato dei preti, responsabilità ecclesiali delle donne, benedizione delle coppie gay), il porporato che nella curia romana dirige il Consiglio economico e fa parte del Consiglio dei cardinali in stretta collaborazione con Francesco, ha scritto al Papa chiedendo di dimettersi dalla guida della diocesi di Monaco di Baviera e tornare ad essere semplice prete ordinato vescovo.

Una volta tanto parlare di “fulmine a ciel sereno” non è una frase abusata. Anzi è troppo poco. Marx, figura equilibrata ma ferma nel perseguire ciò che ritiene necessario per il cambiamento della Chiesa, è un pilastro dello schieramento riformatore e la sua volontà di ritirarsi getta una luce inquietante sugli sviluppi della Chiesa cattolica nel prossimo futuro. Perché tutti sanno che in questa terza decade del terzo millennio si terrà quasi sicuramente l’elezione di un nuovo pontefice e grande è l’incertezza sulla direzione che imboccherà il prossimo conclave.

Marx, nella lettera inviata due settimane fa a papa Francesco, dà un giudizio negativo su come la Chiesa nel suo insieme ha gestito la “catastrofe dell’abuso sessuale perpetrato dai rappresentanti della Chiesa negli ultimi decenni”. Le indagini e le perizie degli ultimi dieci anni, soggiunge il cardinale, dimostrano costantemente che al di là dei fallimenti personale o degli errori nell’amministrazione si è trattato di un fallimento istituzionale e sistemico. La Chiesa è arrivata a un “punto morto”, sottolinea Marx, e in questa situazione il porporato ha deciso di assumersi la sua parte di corresponsabilità e perciò – scrive al pontefice – “sono giunto alla conclusione di pregarLa di accettare la mia rinuncia all’ufficio di arcivescovo di Monaco e Frisinga”.

La lettera contiene anche una stoccata contro quei “rappresentanti della Chiesa (che) non vogliono accettare questa corresponsabilità e pertanto anche la condivisione di colpa dell’Istituzione”. Il che impedisce il varo delle riforme e innovazioni necessarie. L’accenno riguarda il recente scandalo della diocesi di Colonia, dove ultime ricerche hanno portato alla luce l’esistenza tra il 1975 e il 2018 di oltre 300 vittime e 200 colpevoli nei ranghi ecclesiali. Responsabile della diocesi è dal 2014 il cardinale Rainer Maria Woelki, che si è arroccato al riparo di uno studio affidato ad un penalista da cui risultano 11 “violazioni dei doveri di ufficio” attribuibili all’ex vicario generale della diocesi poi diventato vescovo di Amburgo, mons. Stefan Hesse, e zero mancanze del cardinale stesso.

La vicenda ha già provocato le dimissioni del vescovo di Amburgo, la sospensione di un vescovo ausiliare di Colonia e le dimissioni di un altro vescovo ausiliare sempre a Colonia. Francesco ha deciso pochi giorni fa di mandare in diocesi due ispettori di alto rango, cosiddetti “visitatori apostolici”: un cardinale svedese e il presidente della conferenza episcopale olandese.

Paradossalmente la Chiesa tedesca sotto i suoi presidenti di conferenza episcopale (Marx stesso e i suoi predecessori) ha costruito un sistema di ascolto e trattamento degli scandali di abuso sessuale all’avanguardia. Con una rete di referenti in ogni diocesi e un vescovo incaricato a livello nazionale di seguire l’osservanza nelle diocesi delle linee guida emanate dall’episcopato. Cosa che in Italia, per fare un esempio, soltanto nel biennio trascorso si è cominciato a costruire.

I vescovi tedeschi hanno avuto inoltre il coraggio di affidare a gruppi di ricercatori di tre diverse università un’inchiesta indipendente sugli abusi commessi in ambito ecclesiale dal dopoguerra al 2014. Risultato: 3671 vittime e 1670 predatori tra preti, diaconi e religiosi. In Italia si aspetta ancora una iniziativa del genere.

Il gesto del cardinale Marx ha dunque radici più profonde. Vero è che a livello internazionale la speranza che il grande summit dei presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo – voluto dal pontefice nel febbraio 2019 per mettere in piedi ovunque sistemi efficienti di “sportelli” per la denuncia ed equipe per l’ascolto e il trattamento dei casi – portasse ad una svolta generalizzata è andata delusa. Nonostante la disponibilità della Congregazione per la dottrina della fede ad aiutare le conferenze episcopali a definire linee guida stringenti, troppo lenta e fiacca è l’iniziativa in larghe parti dell’universo cattolico. Marx da questo punto di vista ha ragione. Il punto di svolta non si è ancora realizzato. Le resistenze a riconoscere le colpe della gerarchia e del sistema clericale sono enormi.

Eppure c’è qualcosa che la lettera del cardinale non dice. Su troppi fronti le resistenze curiali e la silenziosa opposizione dello schieramento conservatore, tradizionalista e dei nuclei apertamente reazionari in seno alla Chiesa cattolica stanno impantanando il processo di riforma del cattolicesimo. Francesco non può fare tutto. Gli oppositori (compreso l’ex pontefice Ratzinger) hanno stoppato la possibilità di avere un clero sposato nelle zone del mondo dove bisogna aspettare un anno e più per vedere un sacerdote. La massa conservatrice ha provocato l’assurdo divieto di benedire le coppie gay. I falchi tradizionalisti stanno con il fucile puntato contro il “cammino sinodale” della Chiesa tedesca per impedire che dal “popolo di Dio” emergano proposte veramente innovative.

Ci vorrebbe un Concilio, ma come sostenevano il grande teologo Hans Kueng recentemente scomparso e il cardinale Carlo Maria Martini, morto alla vigilia dell’avvento di Francesco, la composizione dell’episcopato mondiale scelto ancora in gran parte da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI porterebbe ad un regresso piuttosto che a un balzo in avanti.

Reinhard Marx tutto questo lo sa. L’anno scorso aveva rinunciato a ricandidarsi alla guida della conferenza episcopale ed era già un segnale. Marx non si fa illusioni sulla situazione interna alla Chiesa. Perciò vuole abbandonare il palazzo.

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