Questo è il tempo di pensare al futuro, di progettare e realizzarlo insieme. Che non vuol dire abbandonare le proprie prospettive, idee e opinioni, ma confrontarsi costruttivamente”. E confrontare le idee “è ben diverso che agitarle come motivi di contrapposizione insuperabile“. In visita a Brescia, il presidente della Repubblica lancia un avvertimento diretto ai partiti impegnati nelle polemiche sulle riaperture e sul Recovery. “Questo è il tempo del rilancio – ha detto Sergio Mattarella – è il tempo della ripresa, del pensare e progettare il futuro. Il momento pandemico ha dimostrato quanto dipendiamo gli uni dagli altri, quanto abbiamo bisogno degli altri. Nella dimensione nazionale, nella nostra comunità, questo ci richiama al senso della solidarietà, a fare ognuno la parte propria“. Un messaggio alle forze che appoggiano il governo, in particolare a Matteo Salvini e alle sue minacce di boicottare le riforme su fisco e giustizia, a cui ha ribattuto il segretario Pd Enrico Letta invitando la Lega a uscire dalla coalizione. Tutto il contrario di quanto sperava il capo dello Stato, che nei giorni scorsi ha convocato i presidenti delle Camere Fico e Casellati chiedendo di velocizzare l’iter dei decreti legge previsti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), dando voce “istituzionale” alle preoccupazioni di Palazzo Chigi.

D’altra parte, garantire l’approvazione rapida e indolore del Piano è la missione con cui è stato formato l’esecutivo di Mario Draghi. E né lui né il Quirinale sono disposti a concedere troppo spazio alle rivendicazioni politiche. Lo aveva anticipato, in qualche modo, lo stesso Mattarella nel discorso con cui ha annunciato il conferimento dell’incarico all’ex capo della Banca centrale europea: “Non possiamo permetterci di mancare questa occasione fondamentale per il nostro futuro”, diceva il 2 febbraio scorso. E andare a elezioni anticipate avrebbe significato “tenere il Paese con un governo senza pienezza di funzioni per mesi cruciali, decisivi”. Ora che il Recovery è stato inviato a Bruxelles, però, arriva il difficile: in base agli impegni presi, entro la fine di maggio vanno varati sei provvedimenti fondamentali: le semplificazioni burocratiche e quelle sugli appalti, la velocizzazione della Valutazione di impatto ambientale per le opere previste dal piano, la rimozione degli ostacoli autorizzativi che frenano il Superbonus 110% e le procedure velocizzate per i nuovi ingressi a termine nella pubblica amministrazione.

Il dibattito partitico però appare concentrato su altro, a partire dalle offensive di Salvini dei giorni scorsi sul coprifuoco e le riaperture. E domenica scorsa sempre il leader leghista ha sparigliato le carte con un’intervista a Repubblica in cui sosteneva che non sarebbe stato il governo Draghi “a riformare giustizia e fisco“, come invece prevede sempre il Pnrr. “La ministra Cartabia può avere le idee chiare, ma se sei in Parlamento con Pd e 5S, per i quali chiunque passa lì accanto è un presunto colpevole, è dura…”. Provocazione su cui si era avventato a stretto giro il segretario Pd Enrico Letta, dando il via al primo significativo incidente diplomatico tra gli alleati di governo: “Mi chiedo su quale discorso programmatico abbia dato la sua fiducia a Draghi a febbraio. Lasci. E lasci che le riforme le faccia #Draghi con chi le vuole”. Sulle proposte presentate dalla Guardasigilli (superamento della riforma Bonafede sulla prescrizione e divieto d’appello per le assoluzioni) è scettico anche il Movimento 5 Stelle, tanto che Giuseppe Conte ha chiesto un incontro chiarificatore. A trovare una quadra potrebbe servire un nuovo richiamo del Colle.

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