Di nuovo la ruota della storia gira sul Cile, una luce lo illumina e i progressisti e le sinistre guardano. Nella assemblea costituente eletta ieri la destra non ha raggiunto il terzo dei seggi; anche se la regola che per gli articoli della nuova costituzione sono necessari due terzi era stata creata apposta per tutelare la destra, la coalizione di Chile Vamos che attualmente governa il Cile.

La composizione della Costituente è già stata sottolineata in tutti gli articoli e i post sui risultati cileni: 77 donne (78 maschi), molti giovani, 17 rappresentanti dei popoli indigeni. La sinistra della coalizione Frente Amplio/ PC ha preso più seggi di quelli della concorrente – ma in parte alleata – coalizione del centrosinistra (la Concertacion che ha governato più volte il Cile dopo la dittatura). Insieme sono più forti della destra, ma la Costituzione la dovranno fare soprattutto con la galassia degli indipendenti.

I risultati politici in senso più stretto vengono dalle amministrative nei grandi comuni e dalle elezioni per i governatori regionali (è la prima volta che si svolgono, prima erano governatori nominati dal governo centrale). Si è trattato anche di un grande test in vista delle presidenziali del novembre prossimo.

Prima del varo della nuova Costituzione, infatti, ci sono le presidenziali per le quali non è ancora emerso un candidato forte nel campo, anzi nei campi del centrosinistra. Si pensava, o si temeva che le grandi divisioni e confusioni nella opposizione avrebbero potuto favorire la destra. Ma così non è stato, anche se in nessuna regione c’era un candidato unitario tra la ex Concertacion – il centrosinistra tradizionale – il Partito Comunista e il Frente Amplio, quest’ultima una coalizione di forze progressiste più o meno radicali accomunate dalla giovinezza politica (non hanno mai governato). A loro volta Frente Amplio e comunisti hanno realizzato accordi di coalizione o desistenza e tra i risultati più clamorosi c’è stata l’elezione del candidato di quest’area progressista radicale nella regione di Valparaiso (Quinta Regione) mentre per la Region Metropolitana di Santiago si andrà al ballottaggio tra la candidata del Frente Amplio e il candidato del centrosinistra tradizionale.

La destra è rimasta fuori dal ballottaggio anche in altre regioni del paese e ora sta vivendo un doppio incubo: quello di assistere all’arrivo alla Moneda del comunista Sergio Jadue, sindaco di Recoleta, che non nasconde le sue ambizioni, o quello di rimanere tagliata fuori anche dal futuro ballottaggio presidenziale perché una parte dei suoi elettori borghesi ripiegherebbe sul centrosinistra tradizionale come “minor male”. Forse è quello che è già successo nella Regione Metropolitana.

La destra elettoralmente si è come asserragliata nei suoi bacini, nei comuni ricchi di Santiago, come protetta da muri e guardie giurate. Una futura minoranza etnica, verrebbe da scherzare, come i mapuche che nella Costituente sono stati per la prima volta tutelati.

Il più probabile candidato della destra, Joaquin Lavin, anche lui sindaco, si è già preparato a una campagna elettorale da civico e da mezzo socialdemocratico, tutta all’insegna del “superiamo le contrapposizioni”. Il diviso mondo che va dai centristi progressisti della Dc alla sinistra del Frente Amplio o del Pc può anche continuare a prendersela comoda. Qualcuno di questo mondo andrà al ballottaggio e ha buone possibilità di battere Lavin.

Sempre che i giovani e la società, quelli che facendo o appoggiando l’estallido social della fine del 2019 hanno determinato la svolta dell’assemblea costituente riescano a risvegliarsi dall’interminabile Covid (qui l’infausta scelta di un vaccino cinese non ha funzionato).

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