Il danno per le aziende ormai è fatto e la circolare Inps annunciata venerdì scorso arriverà fuori tempo massimo. Perché le buste paga di marzo sono già chiuse. E, per i lavoratori che erano in cassa integrazione Covid, il “buco” degli ultimi giorni del mese causato da un vuoto legislativo è stato colmato mettendoli in ferie o permesso. Risultato: il costo è a carico delle aziende e non dell’istituto di previdenza. Che, insieme al ministero, è nel mirino dei consulenti del lavoro. Sabato l’associazione nazionale (il loro sindacato unitario) ha diffuso una nota di fuoco in cui sottolinea che “i contenuti del comunicato (dell’Inps, ndr) tentano inutilmente di recuperare l’assenza di logica normativa contenuta nei provvedimenti ideati e scritti dai responsabili del Ministero del Lavoro”. E, dopo aver contestato le “piroette interpretative”, arriva a ipotizzare la volontà di “contenere la spesa” non permettendo che “i lavoratori ricevessero veramente le integrazioni salariali”.

Un passo indietro. Il caso del buco nella copertura della cig era nato il 22 marzo, quando Unimpresa aveva lanciato l’allarme sul fatto che il decreto Sostegni del governo Draghi aveva concesso altre 13 settimane di cig dall’1 aprile, ma le 12 settimane previste dalla legge di Bilancio a partite dall’1 gennaio scadevano il 25 marzo. Lasciando scoperti gli ultimi giorni del mese per 6 milioni di lavoratori. La richiesta di intervento era rimasta inascoltata. Solo il 16 aprile, dopo un articolo del Messaggero sul “pasticcio”, l’Inps attraverso un comunicato ha negato vuoti di copertura annunciando una “prossima circolare in corso di emanazione” in cui “verrà chiarito, con parere conforme del Ministero del lavoro, che le 13 settimane del DL sostegni comprendono i periodi decorrenti dalla settimana in cui è collocato il 1 aprile“, quindi da lunedì 29 marzo. Salvo poi ammettere che la scopertura esiste per coloro che sono entrati in cassa da sabato 2 gennaio, “per i quali le settimane di Cig Covid terminavano il 27 marzo 2021 per tornare a decorrere dal 29 marzo 2021”.

“Innanzitutto, i chiarimenti non si possono dare nel giorno di scadenza del pagamento dei contributi”, commenta Vincenzo Silvestri, presidente della Fondazione consulenti per il lavoro. “Se fosse scontato, come sostiene il comunicato, che il buco non c’è, sarebbe stato opportuno dirlo prima. Le buste paga ormai sono state fatte e nell’incertezza le aziende hanno messo i lavoratori in ferie o in permesso. Non solo: c’è anche la beffa, perché su quei giorni hanno pure pagato i contributi il cui versamento andava fatto appunto entro il 16″. Quanto al merito, “ora l’Inps dovrà spiegare i suoi conteggi, che non ci tornano. Se sarà coperta la settimana iniziata il 29 marzo si creerà un buco a fine periodo, a giugno”. L’altra contestazione riguarda la frase dell’Inps in base alla quale “il primo giorno lavorativo del 2021 è stato il 4 gennaio”, un lunedì. “Molte attività, compresi i ristoranti che fanno asporto, il 2 hanno lavorato. E chi ha iniziato la cig il 2 non è coperto fino al 27 ma solo fino al 20 marzo“.

Ancora più netto Dario Montanaro, che guida l’Associazione nazionale dei Consulenti del lavoro: “I festivi, il sabato e la domenica sono giorni lavorabili per ogni lavoratore del privato (comprendiamo le vostre difficoltà nel saperlo), soprattutto nelle aziende che più di tutte hanno subito i danni della pandemia (settore pubblici esercizi, commercio, alberghi, ristorazione). Come accidenti riuscite solo a pensare di potere sostenere il contrario? Ma rileggete i comunicati stampa prima di pubblicarli? Perché magari noi associazioni possiamo anche sbagliare o essere imprecisi, ma voi no. Voi dovreste rappresentare lo Stato e la certezza del diritto, oltre che rispettare i consulenti, i datori di lavoro e i lavoratori”.

La circolare Inps che dovrebbe chiarire i calcoli fatti – per quanto fuori tempo massimo – non è ancora stata pubblicata.

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