La procura di Milano ha chiesto il fallimento di Compagnia Italiana di Navigazione, la good company nata dalla privatizzazione dell’ex statale Tirrenia, dal 2015 sotto il controllo esclusivo della holding dell’armatore Vincenzo Onorato. A nove mesi dalla richiesta di concordato in bianco avanzata dal gruppo Onorato Armatori per le sue principali controllate, Cin e Moby, il gruppo ha mancato la scadenza di presentazione del piano di concordato per Compagnia Italiana di Navigazione puntando su un accordo di ristrutturazione del debito (art. 182 bis della legge fallimentare), ad oggi non raggiunto con chi detiene il 60% dei crediti aziendali. Il 6 maggio il Tribunale di Milano deciderà sull’istanza di fallimento dell’azienda attualmente concessionaria di 72 milioni di contributo pubblico per la garanzia delle rotte da e verso le isole maggiori.

La società segnala di voler ancora tentare la strada dell’accordo coi creditori, pur consapevole del quadro offerto dal pm Roberto Fontana: Cin ha un passivo di circa 200 milioni e debiti scaduti per circa 350-400 milioni, di cui 180 verso Tirrenia di Navigazione in Amministrazione Straordinaria, la bad company creata proprio nel 2012 per realizzare la privatizzazione della compagnia armatoriale statale di cui beneficiò Moby spa. A sancire l’impossibilità di depositare l’accordo di ristrutturazione del debito avanzato dal gruppo Onorato Armatori è arrivato proprio il no decisivo dei commissari di Tirrenia di Navigazione in AS – Beniamino Caravita di Toritto, Gerardo Longobardi e Stefano Ambrosini – che a ilfattoquotidiano.it dicono di “non poter commentare nel merito (su importi e motivi del diniego ndr) per la delicatezza della fase attuale”. I commissari, a tutela delle spettanze pubbliche, erano già stati promotori del pignoramento dei conti correnti del gruppo il 30 marzo 2020.

All’avvio del concordato, sul gruppo Onorato gravava un indebitamento complessivo stimato di circa 800 milioni di euro, cui si sono sommati gli effetti della perdita segnalata di 200 milioni sul 2019 e quella ancora da definire del 2020. Carte contabili alla mano questo debito “monstre” deriva da tre voci principali: i 300 milioni e cedole non riconosciute dovuti ai possessori dell’obbligazione con cui il gruppo fece raccolta di risparmio sulla borsa del Lussemburgo nel 2016, l’insieme di somme dovute alla banche con base di partenza 160 milioni cui aggiungere gli interessi maturati nell’ultimo anno e infine proprio i 180 milioni dovuti da CIN spa a Tirrenia di Navigazione in Amministrazione Straordinaria. Proprio quest’ultimo debito, con autorizzazioni al sequestro già per 115 milioni di euro e un accordo di non belligeranza, a tempo siglato il 2 aprile 2020, ha innescato quindi la richiesta di fallimento per Cin da parte della procura.

I motivi della differente strategia del gruppo Onorato per Cin e Moby, per la quale il gruppo ha depositato un piano di concordato il 30 marzo scorso, sono ignoti. Nel piano per Moby, il gruppo di Vincenzo Onorato ha previsto la vendita di alcuni asset e di fatto una sostanziale continuità gestionale: nessun nuovo socio quindi all’orizzonte. Per quanto riguarda Cin la scelta è invece caduta su un’altra procedura prevista dalla legge fallimentare, “l’accordo di ristrutturazione del debito”, utilizzata di rado e con il vincolo principale del consenso manifestato all’accordo di riduzione del valore dei propri crediti da chi ne detiene il 60%. Accordo non raggiunto nei tempi obbligati sanciti dal Tribunale, nonostante la proroga già ottenuta ai primi di gennaio 2021.

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