Nel Lazio la campagna vaccinale corre ma con un clamoroso buco: decine e decine di istituti per la riabilitazione sono rimasti fuori dal piano regionale e, a seconda dell’istituto, c’è chi viene vaccinato e chi attende. Sono perlopiù over 80 che hanno subito forti traumi, ricoverati per minimo un mese, e per questo teoricamente due volte in cima alla lista. E invece sono in fondo o non ci sono proprio: c’è chi, stufo di aspettare, lascia la clinica barcollando sulle stampelle per raggiungere il centro vaccinale più vicino mentre altri sono riusciti a farsi immunizzare solo grazie – si fa per dire – a un provvidenziale “aggravamento” che li ha portati in un ospedale pubblico, dove i medici si sono fatti carico del problema. Tanti altri anziani e fragili – a migliaia, ma non si sa quanti – ancora attendono la chiamata, posto che arrivi.

A Villa Fulvia, ad esempio, una decina ancora aspettano una risposta perché l’Asl Roma 2 – pur sollecitata dai parenti – ha fatto sapere che manca un protocollo della Regione che consenta di pianificare le somministrazioni. “Purtroppo noi abbiamo le mani legate”, spiega il dottor Gabriele Martello, medico della casa di cura in via Appia Nuova. Dove sono stati vaccinati tutti i pazienti nella Rsa, ma nessun ospite della riabilitazione salvo che per propria iniziativa. “E’ successo a gennaio ed è paradossale – spiega il responsabile del reparto – perché stanno proprio al piano di sopra. Bastava scendere quaggiù per mettere l’intera struttura in sicurezza”. Nei giorni scorsi c’è stata una specie di passerella dei parenti alla segreteria per chiedere speciali permessi coi quali prelevare il parente dal reparto e trasportarlo in ospedale al centro vaccinale più vicino, chi in auto e chi in ambulanza. Fatta la puntura, si torna in clinica con auto o ambulanza privata, con tutti i rischi e i costi dell’operazione.

La questione è piuttosto delicata per una regione che può, giustamente, vantare di aver vaccinato più over 80, tanto da procedere all’immunizzazione dei settantenni. Controversa anche, perché l’assessore Alessio D’Amato, sentito dal fattoquotidiano.it minimizza così il problema: “Mi risulta che il problema sia in via di risoluzione, sono stati fatti i protocolli per le riabilitative e se i degenti ex art.26 hanno caratteristiche per età o vulnerabilità vanno vaccinati subito tramite le Uscar. Non ho idea di come stia andando ma mi risulta che alla Santa Lucia, il principale istituto riabilitativo del Lazio, le vaccinazioni sono state completate da tempo. Per qualche istituto magari è ancora un problema perché gli ex art.26 sono cliniche accreditate di media degenza dove finisce di tutto, e l’anziano e il fragile da vaccinare convivono con il giovane che fa riabilitazione per logopedia. Non sono delle Rsa dove sono anziani e fragili per i quali vai seguendo il piano nazionale”.

C’è chi al rimpallo delle responsabilità ha preferito farsi “parte diligente”. Amalia Allocca è direttore sanitario della “Pisana”, e lei non ha aspettato le Uscar o i protocolli: i vaccini se li va a prendere, fisicamente, a Ostia con la sua macchinina. Li mette in una borsa frigo per poi correre nei reparti a vaccinare. “E’ una soluzione che ho preso in accordo con Asl Roma 3”, racconta. “Ho mandato una circolare a tutti i primari, quando arriva un ospite eleggibile mi comunicano i dati che trasmetto all’Asl. Una volta pronti i vaccini la mattina presto, verso le 7:30 mi metto in auto e arrivata lì mi faccio consegnare le dosi nominali che infilo nel contenitore. Ci metto circa un’ora e mezzo, a seconda del traffico, ma ho cinque ore di autonomia”. Finora, racconta, ha funzionato benissimo: “Il 2 aprile abbiamo vaccinato 40 persone ma siccome lo facciamo con Pfizer che deve essere ripetuto dopo 21 giorni ci occupiamo anche di richiamare i pazienti eventualmente dimessi per garantire loro la seconda dose”. Così, se capiti bene ti ritrovi nella clinica che si è trasformata in un centro vaccinale, se capiti male aspetti un turno nella speranza che prima o poi arrivi davvero.

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