“Manca poco, è una fase delicatissima, ma ci siamo quasi”. La frase che i 5 stelle ripetono nei corridoi, nelle chat e a mezza voce al telefono è a metà tra una previsione e un augurio. Giuseppe Conte, dopo un mese di lavoro coperto da assoluto riserbo, si prepara a presentare il suo programma per la rifondazione M5s: un vero e proprio manifesto che metterà in chiaro le condizioni per la sua leadership e l’orizzonte su cui intende muoversi. Il primo appuntamento è per giovedì primo aprile: è stata convocata per le 21.30, un’assemblea congiunta su Zoom dei parlamentari con Vito Crimi e appunto Conte. Eccolo il segnale che tutti stavano aspettando: sarà davanti agli eletti che inizierà a svelare i suoi piani. Per molti parlamentari M5s il limbo in cui si sono sentiti precipitare dopo la nascita del governo Draghi è diventato insostenibile e ora si giocano tutto sul progetto di rinascita dell’ex premier. Che però prima deve risolvere due nodi: i rapporti con la piattaforma Rousseau (ovvero Davide Casaleggio) e i malumori creati dalla “bomba” buttata da Beppe Grillo dopo che ha blindato la regola del tetto dei due mandati.

Il manifesto – Dal giorno in cui Conte ha accettato di caricarsi sulle spalle il Movimento 5 stelle è passato poco più di un mese: era il 28 febbraio e Grillo in persona gli ha affidato la sua creatura sotto gli occhi dei principali esponenti M5s. Da allora l’ex premier ha fatto pochissime uscite: qualche post su Facebook, un solo incontro da leader “in prova” con il neosegretario dem Enrico Letta. Per il resto ha lavorato con i suoi fedelissimi per sciogliere le questioni legali, ma soprattutto si è visto e sentito con il garante per disegnare quello che deve essere il Movimento da qui fino al 2050. Questo pacchetto presenterà al M5s nei prossimi giorni: un programma sui contenuti e un piano organico per rinnovare la struttura. Le fasi successive sono ancora tutte da definire: innanzitutto l’ex premier chiederà il sostegno dell’assemblea dei parlamentari e poi, se si risolve la diatriba con Casaleggio, che ci sia il voto degli iscritti su Rousseau. Il manifesto di Conte, spiegano i più vicini al leader, sarà nel segno della “continuità della tradizione M5s”, ma naturalmente secondo la sua visione. Alcuni dei temi chiave saranno: ecologia, trasparenza, giustizia. Da lì inizierà a lavorare Conte. Poi parlerà anche dell’impostazione strutturale del Movimento: saranno previste modifiche per intervenire su tutti quei meccanismi che “hanno dimostrato di non funzionare”. Primo fra tutti il sistema di espulsioni e quindi la sorte degli ex cacciati dopo il no alla fiducia a Draghi. Ci sarà poi da sciogliere il difficile nodo dell’organo collegiale, già votato dagli iscritti e la cui elezione è rimasta in stand-by: l’obiettivo, qualunque sarà la mediazione, non potrà essere quello di “imbrigliare” il nuovo leader che dovrà avere poteri “effettivi” e “libertà di movimento”. Insomma l’ex premier presenterà un pacchetto con tutte le sue condizioni: senza quei presupposti, lo ha già messo in chiaro Conte con i suoi più vicini, l’operazione non potrà andare avanti.

Due mandati – L’avvocato sa che in questa fase ha bisogno di una legittimazione che sia la più ampia possibile proprio dentro il M5s. Serve che i gruppi parlamentari sostengano la rifondazione del Movimento e che lo aiutino da dentro, altrimenti rischia di trovarsi senza il partito ancora prima di iniziare la corsa. Per questo l’annuncio di Beppe Grillo sul “tetto dei due mandati che non si tocca”, fatto a sorpresa all’assemblea dei parlamentari venerdì scorso, è stato percepito come una “bomba”. E una bomba che non andava sganciata proprio in questo momento: il rischio, è il ragionamento delle fonti M5s, è che ora tutti i parlamentari al secondo mandato siano ostili all’operazione di Conte e che i gruppi si spacchino a legislatura ancora in corso. Non che il premier non condivida la linea di Grillo: il tetto dei due mandati è un pilastro fondamentale per il Movimento e presentarsi alle urne avendolo fatto saltare rischia di essere un vero boomerang. “Ma è anche vero che non siamo tutti uguali”, commenta uno dei parlamentari al secondo giro in Parlamento. “E una strada per salvare chi si è distinto in questi anni la si potrebbe trovare”. Una previsione? Piuttosto una speranza. Nelle ultime ore sono circolate tante ipotesi, dalle candidature come capilista all’uso del meccanismo di recall, ma nessuna di queste è uscita dall’entourage dell’ex premier. La verità è che c’è una prima guardia che ha di fatto condizionato il suo appoggio a Conte alla deroga della regola dei due mandati e l’ex premier teme che quella prima guardia ora possa mollarlo sul più bello. Ancora una volta però, l’uscita di Grillo non è stata casuale e solo così il garante sapeva di poter sciogliere ogni ambiguità: non metterà la faccia su un progetto che si rimangia la regola più importante di tutte. Per chi è in scadenza si apriranno carriere nei Comuni e nelle giunte delle Regioni, ma la strada è sbarrata per il ritorno in Parlamento. Del resto di dubbi sulla posizione del comico ce n’erano già pochi: negli ultimi giorni ha mandato a fare lezione ai parlamentari il professore Marco Morosini, esperto sì di transizione ecologica, ma anche autore nel 2019 del libro “Snaturati” sulla parabola del M5s in Parlamento (“dalla social-ecologia al populismo”). Un modo, neanche troppo sottile, per dire che qualcosa va cambiato proprio tra gli eletti. E il fatto che Grillo scherzando chiami i portavoce “miracolati”, a questo punto è l’ultimo dei problemi.

Rousseau – Quell’uscita sui due mandati secondo alcuni è stato anche, a suo modo, un messaggio del garante a Davide Casaleggio. Fin dall’inizio Grillo ha fatto sapere di non volere la rottura con il figlio di Gianroberto, ma ad un certo punto delle trattative lo strappo è sembrato inevitabile. Il presidente dell’associazione Rousseau, ovvero l’organo che gestisce la piattaforma online, non ha fatto che alzare la posta per giorni e non solo sul fronte economico. Innanzitutto ha chiesto arretrati al Movimento per 450mila euro: sono i soldi che i parlamentari si erano impegnati a versare all’atto della candidatura e che espulsi e dissidenti si sono rifiutati di dare. Soldi che però, è la controffensiva dei contiani, gli eletti si sono impegnati “con il Movimento” a versare e non certo con Rousseau. Ma Casaleggio non si è limitato a chiedere soldi, si è anche mosso autonomamente sui temi: ha lanciato addirittura un suo manifesto ControVento e ha messo la regola dei due mandati come principio indiscutibile, cercando di contrapporsi a chi invece sul punto cercava mediazioni. Ecco, da giorni nel Movimento si chiedono come si può rimediare a una frattura così radicale e senza precedenti. E’ difficile: uno scontro così non si era mai visto prima. Solo una settimana fa, uno noto per i suoi toni pacati come Stefano Patuanelli ha detto che “lo scontro in tribunale” sarebbe stato inevitabile. Chi lavora alle trattative si dice ottimista: Grillo vuole l’accordo e se Grillo vuole una cosa non si è abituati a vederlo perdere. Eppure i segnali che arrivano da Rousseau non sono dei più distensivi: proprio oggi la piattaforma ha lanciato una raccolta fondi per sanare il buco: “Siamo in difficoltà”, si legge. Un messaggio simile a tanti lanciati nei giorni passati, che però ora pesa ancora di più perché arriva alla vigilia della chiusura delle trattative.

Il Pd, la coalizione, le amministrative – Ma Casaleggio o meno, il progetto di Conte ha fretta di nascere anche perché nel mentre gli altri (e in particolare gli alleati) non stanno fermi. Il Pd, dopo aver toccato uno dei suoi minimi, sta cercando anche lui una rifondazione e si è affidato a Enrico Letta. La sterzata c’è stata e il Movimento 5 stelle, se vuole mantenere la leadership della coalizione, non può stare a guardare ancora per molto. La linea dell’ex premier sull’accordo con i dem non ha (finora) avuto ambiguità: la strada dell’alleanza giallorossa è quella che intende portare avanti e strutturare in maniera sempre più solida. Anche di questo, fanno sapere, parlerà nel suo manifesto: il percorso va fatto insieme e Conte punta a essere il leader di quel progetto. Ma non può temporeggiare ancora per molto: è lui il fautore di quell’unione e lasciare il campo libero ad altri sarebbe un vero suicidio politico. Intanto i dossier sul tavolo del futuro leader M5s cominciano a sommarsi uno dopo l’altro. Tra i più urgenti? Le amministrative. I giallorossi riusciranno a trovare un’intesa per le candidature di Roma, Torino, Milano e Napoli? Al momento sembra impossibile, ma sono quelli i banchi di prova a cui tutti guardano. E se a Roma la partita appare chiusa, su Napoli le voci che vorrebbero Roberto Fico candidato unitario del fronte Pd-M5s sono sempre più insistenti. Ma la candidatura del presidente della Camera, con conseguente rinuncia della carica, non può avvenire se non dentro uno schema complessivo, di pesi e contrappesi. Insomma ogni discorso è prematuro: prima di pensare al futuro, bisogna investire il “nuovo leader del nuovo Movimento 5.0“. E farlo prima che sia troppo tardi.

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