Israele torna alle urne per la quarta volta in due anni. Dopo aver compiuto enormi passi avanti per uscire il prima possibile dalla pandemia grazie a una campagna di vaccinazioni a tappeto, adesso il prossimo nemico da sconfiggere è l’instabilità politica che ha caratterizzato gli ultimi mandati firmati Benjamin Netanyahu. E proprio il premier uscente è di nuovo il candidato del suo partito, il Likud, che sfiderà altri tre candidati, con un’attenzione particolare al leader del partito centrista Yesh Atid, Yair Lapid. Una sfida caratterizzata nuovamente da un forte equilibrio che potrebbe di nuovo compromettere la formazione di un esecutivo in grado di governare il Paese.

Alle 7 ora locale sono stati aperti gli oltre 13mila seggi in tutto il Paese, parte dei quali riservati ai malati di Covid o a chi è in quarantena. Le prime indicazioni sul voto si avranno alle 22, quando con lo stop al voto tre televisioni pubblicheranno i rispettivi exit-polls. Ieri sera Netanyahu è andato in preghiera al Muro del Pianto, inserendo tra le sacre pietre un bigliettino in cui invocava la vittoria alle elezioni: “Prego per la vittoria nelle elezioni per lo Stato di Israele, per la sua economia. Mi impegno a continuare ad operare per tutti (parola sottolineata, ndr) i cittadini di Israele. Ringrazio l’onnipotente per averci fatto uscire sani e salvi dal coronavirus“. Nella sua visita, Netanyahu era accompagnato dalla moglie Sarah, convalescente dopo una recente operazione di appendicite. Anche lei ha infilato un biglietto nelle pietre per ringraziare del buon esito del ricovero in ospedale. Il premier si è poi augurato che “sia l’ultima tornata elettorale. Non restate a casa, andate a votare”.

Proprio l’imponente campagna vaccinale organizzata dall’esecutivo uscente è una delle armi alle quali ricorrerà il premier. Israele, grazie a una popolazione ridotta e alla capacità, anche economica, di ricevere velocemente un gran numero di dosi, è riuscito a vaccinare gran parte della popolazione facendo calare drasticamente i casi di coronavirus nel Paese. Una vittoria, quella sulla pandemia, che Netanyahu non ha mancato di ricordare nel corso della campagna elettorale.

Il suo principale avversario, Yair Lapid, nonostante i tentativi di Bibi di mostrarsi più vicino alle istanze della popolazione araba nel Paese rispetto agli anni passati, ha voluto ricordare i rischi legati a una nuova rielezione di Netanyahu alla guida del Paese, nel tentativo estremo, ma improbabile, di evitare la spaccatura nell’elettorato arabo auspicata invece dal leader del Likud: “È il momento della verità – ha dichiarato – Ci sono solo due opzioni. O un governo di Yesh Atid o un governo oscurantista, pericoloso, razzista e omofobo che prenderà i soldi da chi lavora per darli a chi non lavora”. Lapid che ha votato a Raanana, nei pressi di Tel Aviv, ha poi ammonito che se il governo sarà del blocco della destra capitanato da Netanyahu questi “non lavorerà per coloro che fanno andare la Nazione, che lavorano duro, pagano le tasse e fanno il militare”.

Tra i principali candidati in corsa c’è ovviamente Netanyahu con il suo Likud (29-30 seggi sui 120 della Knesset, secondo i sondaggi), i suoi due ex collaboratori Gideon Sa’ar con New Hope (10) e Naftali Bennett col partito Yamina (10-11 seggi), oltre ovviamente a Lapid (19 seggi). Netanyahu vede proprio in quest’ultimo la principale minaccia per il mantenimento del potere, visto che gli altri due candidati sono per posizioni vicini al Likud, vista la possibilità di formare una coalizione di centro-destra che escluda l’attuale partito di governo: Sa’ar è stato infatti il numero due al Likud fino a pochi mesi fa. Tanto che nei suoi discorsi il premier uscente ha più volte accusato i due “di nascondere il fatto che non hanno un governo senza Lapid a guidarlo e stanno trasferendo voti da destra a sinistra”. È questa, infatti, la principale preoccupazione di Netanyahu: la capacità di Lapid di formare una eterogenea coalizione anti-Likud che possa prendere il potere nel Paese.

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