Il vaccino russo Sputnik sta diventando un caso politico e diplomatico in Europa, ma verrà sperimentato in Italia in attesa della valutazione dell‘Agenzia europea del farmaco che invierà gli ispettori in Russia il 10 aprile. Lo scontro tra il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton e il presidente Vladimir Putin, che si è vaccinato soltanto oggi, ieri sembrava aver innescato una reazione a catena dagli effetti indecifrabili. Ma l’iter di valutazione europeo proseguirà e il composto verrà testato in Italia sulle tre varianti del coronavirus più temibili in questo momento: inglese, brasiliana e sudafricana.

L’Ema: “Servono dati, ispezioneremo siti di produzione” – L’Ema, che sta sottoponendo i dati del composto a doppio vettore virale a rolling review, potrebbe essere pronta con la decisione a fine aprile. “Stiamo valutando con grande attenzione l’efficacia e la sicurezza di Sputnik, come per gli altri, ma possiamo valutare solo sulla base dei dati ricevuti. Se ci servono dati aggiuntivi, e crediamo che servano, dobbiamo aspettare che i dati vengano inviati dall’azienda. E qui in genere c’è la strozzatura che porta ai ritardi” ha detto la direttrice generale dell’Ema, Emer Cook, parlando al Parlamento Ue aggiungendo che l’ente regolatore ha chiesto all’azienda produttrice di “fornirci le informazioni aggiuntive il più celermente possibile. Stiamo attualmente preparando ispezioni nei siti dei test clinici e di produzione in Russia – ha affermato – Colgo questa opportunità per ribadire ancora una volta che siamo impegnati ad applicare gli stessi standard e controlli per questa valutazione come per qualsiasi altra valutazione scientifica”.

Vaia (Spallanzani): “La scienza deve essere neutra, accordo con gli scienziati russi” – Intanto non solo la Germania pensa a fare da sola. L’Italia è tra i paesi che non solo pensa a produrre il vaccino ma anche a fare alcuni test in collaborazione proprio con gli scienziati russi. “Stiamo per firmare un memorandum d’intesa con il centro Gamaleya di Mosca, che ha sviluppato lo Sputnik V, per uno scambio di materiale biologico e di ricercatori. Sono molto orgoglioso perché questa è una prima in Europa: la scienza è neutra, deve essere lontana da interessi geopolitici. Noi e il Gamaleya abbiamo messo al centro l’esigenza di avere vaccini che funzionino. Abbiamo trovato nei colleghi del Gamaleya una grande disponibilità alla collaborazione e alla trasparenza – dice Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani, alla tavola rotonda di italo-russa dedicata allo Sputnik. Vaia ha spiegato che, poiché l’Istituto di ricerca e cura per le malattie infettive ha sequenziato le varianti “inglese, brasiliana e sudafricana” del coronavirus, lo studio clinico condotto in tandem con i ricercatori russi del Gamaleya, che verranno a Roma, permetterà di capire se lo Sputnik V sarà in grado di produrre anticorpi anche per questi ceppi del virus. Un’altra ipotesi di studio è quella di indagare se lo Sputnik possa essere una valida opzione per vaccinare chi, in gruppi particolari della popolazione, abbia una risposta immunitaria minore. Vaia ha poi esteso l’invito al professor Massimo Galli, dell’ospedale Sacco di Milano, altro relatore della tavola rotonda, a partecipare ai test clinici, avviando dove possibile una “sperimentazione a tre”. L’infettivologo milanese ha detto sì: “Raccolgo l’invito dei colleghi dello Spallanzani per collaborare alla sperimentazione del vaccino russo con il Gamaleya Institute”. “L’obiettivo ora non è solo la raccolta dati dei testi clinici sullo Sputnik V nei prossimi sei mesi ma, in alcuni casi, nei prossimi anni. Ad ogni modo c’è ancora molto da fare nel campo della ricerca quando si parla di vaccini contro il Covid- ha detto Daria Egorova, ricercatrice del centro Gamaleya – Dobbiamo esplorare la possibilità di una combinazione dei vaccini, condurre studi su certe categorie di persone, tenere d’occhio l’evoluzione del virus stesso poiché alcune varianti destano preoccupazione e monitorare che i vaccini restino efficaci”.

Farmindustria: “Massima apertura alla collaborazione – La scorsa settimana Italia, Francia, Spagna e Germania hanno raggiunto un accorso per la produzione del vaccino russo. “Io mi auspico che l’Ema autorizzi quanto prima la registrazione dello Sputnik V. Noi abbiamo un dialogo continuo con il ministero dello Sviluppo Economico perché vogliamo avere un ruolo chiave nella produzione dei vaccini contro il Covid, dato che l’Italia – ha detto Marcello Cattani, capo del Gruppo Prevenzione di Farmaindustria – è il fiore all’occhiello in Europa del settore. Vediamo con interesse l’approccio della Russia per la sua produzione in Italia: da parte nostra c’è la massima apertura alla collaborazione con il governo russo e con il Fondo per gli Investimenti Diretti”.

I dubbi e le domande del biologo Bucci – Sullo Sputnik, registrato ad agosto scorso e presentato al mondo da Putin in persona, si erano, e in alcuni casi esistono ancora, concentrati i dubbi della comunità scientifica. Il 2 febbraio i dati, con efficacia oltre il 91%, sono stati pubblicati sulla rivista The Lancet. Intanto il vaccino è stato acquistato e somministrato in diversi paesi del mondo e i dati di efficacia sarebbero diversi da quelli ufficiali in alcuni paesi come per esempio l’Argentina. Nei giorni Enrico Bucci, biologo della Temple University di Philadelphia negli Usa, in una intervista aveva spiegato le sue perplessità: “Al momento su Sputnik abbiamo due articoli su Lancet e tre correzioni. Generalmente una rivista scientifica mette a disposizione i dati e le conclusioni degli autori, ma in questo caso abbiamo avuto solo le conclusioni. È impossibile ricostruire i dati che le hanno generate perché non sono state messe a disposizione, nonostante reiterate richieste da tutto il mondo. I primi veri dati che abbiamo – precisa Bucci – sono quelli dell’Argentina. E il livello di anticorpi medio contro la proteina Spike è di 8 volte inferiore rispetto a quanto dichiarato dai russi. È uno studio ancora piccolo, ma i numeri non tornano, proprio come hanno sospettato studiosi di tutto il mondo. Il vaccino russo non è meglio degli altri vaccini, si comporta come tutti i suoi simili ad adenovirus. E ci sono discrepanze anche negli effetti collaterali, che sono molto più frequenti rispetto a quanto dichiarato dai russi”.

Dal punto di vista produttivo, inoltre, “si tratta di avviare la produzione per due vaccini per farne alla fine uno”. Perché “lo Sputnik – ricorda Bucci – utilizza due adenovirus: adenovirus 26 per la prima dose, adenovirus 5 per la seconda. Il vaccino Johnson & Johnson usa il 26, il vaccino cinese il 5. Dagli studi emerge che l’effetto del richiamo con diverso adenovirus non è molto rilevante, tanto che i russi stanno preparando lo ‘Sputnik light’ con solo l’adenovirus 26, quindi identico a J&J”. “Allora mi chiedo: dovendo produrre vaccini in Italia, perché fare quello con doppio adenovirus, quando usandone solo uno si ottiene il vaccino J&J, già approvato? Vorrebbe dire fare un raddoppio delle linee, ma anche raddoppiare la possibilità di errore – avverte lo scienziato – oltre che un’enorme spesa in più. Per un vaccino che, almeno adesso, non è stato autorizzato, e che quindi non può essere usato sugli italiani”.

Putin è stato vaccinato – Una delle critiche sollevate verso lo Sputnik era quella che il presidente Putin non fosse ancora vaccinato. Ebbene è successo oggi. E proprio con lo Sputnik come è apparso sul profilo Twitter dedicato al vaccino. Fino a poche ore prima però il portavoce Dmitry Peskov aveva dichiarato che gli sarebbe stato somministrato “uno dei tre” vaccini russi, ma “non diremo nello specifico” quale perché “tutti e tre i vaccini russi sono assolutamente affidabili”, sono “sicuri ed efficaci”. Le parole di Peskov, riportate dall’agenzia Tass, erano arrivate dopo che ieri Putin aveva annunciato l’intenzione di vaccinarsi oggi, una “scelta volontaria” e “personale”. Putin non farà il vaccino in pubblico perché – aveva sostenuto Peskov – “per quanto riguarda la vaccinazione sotto ai riflettori, a lui non piace”.

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