Il Bent, petrolio estratto nel mare del Nord che funge da parametro per i 2/3 degli scambi mondiali, ha sfondato quota 70 dollari al barile, salendo fino a 71,3 il livello più alto da 14 mesi. E’ dallo scorso novembre, quando quotava 35 dollari, che il greggio è in continuo rialzo. Nel giro di 4 mesi il suo valore è raddoppiato. L’ultima spinta è arrivata dall’Arabia Saudita, primo produttore al mondo insieme agli Stati Uniti, che ieri ha comunicato che il sito di stoccaggio di Ras Tanura è stato attaccato da un drone. L’incursione, rivendicata dal movimento Houthi che combatte in Yemen contro l’Arabia ed è alleato dell’Iran, non ha provocato vittime né danni al sito ma ha riacceso i timori per la sicurezza degli approvvigionamenti provenienti dal golfo Persico.

Preoccupazioni rafforzate dalla notizia che ieri sera schegge di un missile balistico hanno raggiunto Dhahran dove ha sede il quartier generale di Saudi Aramco, il colosso petrolifero saudita. Il movimento Houthi ha affermato di aver in corso diverse operazioi che mirano a compromettere le infrastrutture petrolifere saudite. Nel settembre 2019 alcuni droni avevano attaccato gli stabilimenti di Abqaiq e Khurais, dimezzando temporaneamente la capacità produttiva di Riad. Problemi riguardano il transito attraverso lo stretto di Hormuz che “strozza” il passaggio di delle petroliere che si riforniscono sulle coste del golfo Persico. L’Arabia dispone di una conduttura che attraversa il paese e che consente di spostare parte delle forniture sui porti del mar Rosso, limitando i danni ma riducendo comunque la normale operatività.

I rialzi del greggio delle ultime settimane si stanno già facendo sentire sui prezzi di benzina e diesel e, se protratti, lo faranno anche sulle bollette di energia e del gas, i cui prezzi sono in una certa misura ancorati a quelli del petrolio.

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