C’è chi l’ha usato per lamentarsi del costante ricorso all’uso dei Dpcm in piena pandemia di coronavirus, chi ha preferito tirarlo fuori per evitare di rispettare le norme di prevenzione contestando anche i numeri forniti dalla scienza e chi, invece, non è riuscito a trattenersi quando si è parlato di Mes, Recovery Fund e rinvio delle elezioni regionali. Ma nel 2020, nel dibattito politico, il termine “dittatura”, utilizzato anche nella versione “dittatura sanitaria”, ha trovato largo spazio nelle dichiarazioni dei politici, fuori e dentro il Parlamento, e sulle pagine dei giornali per scagliarsi contro le decisioni del Governo guidato da Giuseppe Conte. C’è poi chi, invece, ha preferito usare formule come “vulnus della democrazia” o “pericolo per la democrazia”. Ma questo allarme per le libertà democratiche del nostro Paese appare del tutto ingiustificato se si legge l’ultimo rapporto mondiale sulla Libertà nel mondo 2021 pubblicato da Freedom House, l’organizzazione non governativa statunitense che ogni anno diffonde i dati sulle libertà civili e i diritti politici garantiti in ciascun Paese utilizzati come riferimento da diverse ricerche di scienza politica: mentre la maggior parte dei Paesi mostra un calo nei punteggi relativi al livello di libertà, l’Italia viene collocata nella minoranza che ha migliorato le proprie condizioni democratiche, passando da un punteggio di 89 su 100 del 2020 (riferito all’anno precedente) a quello di 90 su 100 del 2021.

Nella lista di Paesi esaminati da Freedom House, l’Italia è classificato come ‘free‘, ossia libero, così come la maggior parte dei Paesi europei, e ben sette punti avanti, ad esempio, agli Stati Uniti (83). A punteggio pieno solo la Finlandia, la Norvegia e la Svezia, tutte e tre a 100 punti. Ma il nostro Paese mostra risultati eccellenti in entrambe le macrosezioni, poi divise in sottosezioni, dei ‘diritti politici’, con 36 punti su 40, e delle ‘libertà civili’, con 54 punti su 60.

Le accuse di autoritarismo a Conte: dall’opposizione ai Dpcm alle proteste per le conferenze stampa “a tarda sera”
Nonostante ciò, da quando sono iniziate le restrizioni dure del governo, ormai un anno fa, le accuse di abuso di potere, di instaurazione di una dittatura sanitaria e di un decisionismo che escludeva il Parlamento dall’emergenza Covid si sono susseguite a ondate in base al livello di misure imposte. Non erano ancora passate due settimane dal lockdown imposto il 9 marzo che la prima a sdoganare il termine fu Licia Ronzulli, vicepresidente del gruppo Forza Italia al Senato, uno dei partiti che più volte ha accusato Conte di accentramento del potere: “Le comunicazioni al Paese del presidente del Consiglio continuano a ridursi a mere comparsate a tarda sera su Facebook – accusava la senatrice – Così non si consente ai giornali di informare adeguatamente i cittadini. A noi non interessa se il presidente del Consiglio è espressione di chi vorrebbe instaurare una dittatura ‘digitale’ per pochi adepti. L’Italia, al pari di ogni Paese democratico, ha le sue regole”. Oggi, con il governo Draghi che inaugura il suo primo Dpcm, dai banchi forzisti non vola una mosca, nonostante la comunicazione sia ancora più stringata.

Proprio i Dpcm, i decreti legge e le comunicazioni di Conte sono stati il bersaglio preferito degli autoproclamati difensori della democrazia nostrani. Dal coro “libertà, libertà, libertà” urlato dai banchi del centrodestra alla Camera durante l’esame degli emendamenti al dl Covid del 7 maggio, con Igor Lezzi e Claudio Borghi della Lega che dichiaravano di essere “la nuova resistenza” contro la “dittatura”, alle denunce di “deriva autoritaria” e “dittatura dolce” del vicepresidente della Camera Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia), fino alla “dittatura dell’esecutivo” per aver “esautorato le Camere” con “la scusa del coronavirus” di Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera. Stessa accusa mossa dal presidente facente funzioni della Regione Calabria, Nino Spirlì, per le restrizioni natalizie.

È con l’ipotesi di rinvio delle elezioni regionali, ad agosto, che il termine dittatura viene pronunciato dai due leader di Fratelli d’Italia e Lega, Giorgia Meloni e Matteo Salvini. “Se il Governo vuole istituire una dittatura forse se ne deve assumere la responsabilità. Per quello che ci riguarda, noi voteremo il 20 e 21 settembre”, aveva dichiarato la leader di FdI. Per il capo del Carroccio, invece, un rinvio delle elezioni regionali a causa dell’aumento dei contagi “sarebbe gravissimo. Evidentemente Pd-5Stelle-Renzi hanno paura di perdere. La Lega farebbe le barricate, dentro e fuori il Parlamento. Sarebbe uno scippo di democrazia. L’ennesimo”.

E di pericolo per la democrazia i due leader di partito avevano parlato già a luglio, imbeccati dalle dichiarazioni del Costituzionalista Sabino Cassese, secondo cui il rinnovo dello stato d’emergenza, necessario per poter continuare a imporre restrizioni delle libertà ai cittadini per l’emergenza coronavirus, rappresentava una “scelta pericolosa, la libertà non si arresta per decreto”.

Ma se le accuse dal centrodestra sono arrivate in maniera costante, negli ultimi mesi del Conte 2, quando si stava per consumare la crisi di governo, anche dagli alleati di Italia Viva sono iniziati ad arrivare messaggi simili. Fino al 17 gennaio, quando l’avventura dell’esecutivo era ormai agli sgoccioli e il senatore di Rignano arrivò ad accusare il presidente del Consiglio di “vulnus democratico”.

Anche sulle decisioni riguardanti Recovery Fund e Mes, Conte ha dovuto fare i conti con le accuse di autoritarismo delle opposizioni. Matteo Salvini, respingendo l’idea di ricorrere al Mes, dichiarò: “Dal 1989 ad oggi l’Italia ha versato all’Europa 140 miliardi, ora per averne a prestito 35 ci mettiamo nelle mani di un sistema di strozzinaggio legalizzato. Oltretutto, senza nessun passaggio in Parlamento. Siamo fuori dalla legge, siamo alla dittatura nel nome del virus“, disse annunciando una mozione di sfiducia nei confronti dell’allora ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri.

Infine, c’è anche chi nei primi mesi di pandemia criticava i numeri dei contagi forniti dalle autorità sanitarie. Come Vittorio Sgarbi che alla Camera dichiarò: “Non è vero che ci sono stati 25mila morti di coronavirus. Questi numeri falsati servono a terrorizzare gli italiani e a imporre loro una dittatura”. Rischio che l’Italia, secondo Freedom House, non ha mai corso nel 2020.

Il report: Italia in linea con i principali Paesi europei.
Una rapida comparativa con il resto dei Paesi europei mostra che l’Italia si colloca nella fascia più alta, sotto agli scandinavi che vengono promossi a pieni voti e insieme a Stati come Francia e Spagna (90), poco dietro Germania (94), Irlanda (97), Portogallo (96), Gran Bretagna (93). Dietro a Roma si trovano soprattutto gli Stati dell’est Europa, come Bulgaria (78), Croazia (85) e Polonia (82), ma anche la Grecia (87). Ma quello che mostra il valore più basso è l’Ungheria, definita addirittura ‘parzialmente libera’, con appena 69 punti.

Uscendo dall’Unione, un Paese che per anni ha strizzato l’occhio a Bruxelles nel tentativo di avviare un processo d’integrazione è la Turchia. Ma il punteggio registrato è impietoso: appena 32 punti con una classificazione di Paese ‘non libero’. Peggio di Stati come Uganda, Pakistan, Nigeria, Mauritania. In fondo alla classifica troviamo la Siria e il Tibet (1), quest’ultimo a causa delle repressioni messe in campo da Pechino. Poi l’Eritrea, il Turkmenistan e il Sud Sudan (2).

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