È indagata anche l’ex presidente facente funzione della Regione Calabria Antonella Stasi nell’inchiesta per frode nel settore delle energie rinnovabili e traffico illecito di rifiuti coordinata dalla Dda di Catanzaro che stamattina ha sequestrato la società “Le Verdi Praterie Srl” per un valore di 14 milioni e 532 mila euro. Al termine delle indagini, condotte dalla guardia di finanza, su richiesta del procuratore della Repubblica Nicola Gratteri e dei sostituti Paolo Sirleo e Domenico Guarascio, il gip di Catanzaro Pietro Caré ha disposto nei confronti della Stasi il divieto di dimora a Isola Capo Rizzuto e l’interdizione dal fare impresa per 12 mesi. Complessivamente, i militari del Nucleo di Polizia economico-finanziaria e della Sezione operativa navale di Crotone, hanno eseguito sei misure cautelari.

Oltre ad Antonella Stasi che, assieme al marito Massimo Marrelli (deceduto) era titolare delle quote del “Gruppo Marrelli” ritenuto a capo dell’associazione, sono stati interdetti anche il legale rappresentante de “Le Verdi Praterie Srl” Anna Crugliano e i dipendenti della società Francesco Massimo Carvelli e Salvatore Succurro. È stato disposto, infine, l’obbligo di presentazione per Salvatore Muto e Raffaele Rizzo, gli operai dell’azienda che effettuavano, secondo gli inquirenti, lo smaltimento illecito del digestato e dei liquami abbandonandoli in maniera incontrollata in alcuni terreni individuati dalla Procura. L’inchiesta della guardia di finanza ha consentito ai pm di accertare l’esistenza di un’associazione per delinquere, con al vertice, appunto, l’ex presidente facente funzioni della Regione e il marito defunto. L’obiettivo, secondo gli inquirenti, era quello di ottenere degli incentivi pubblici, erogati dal Gestore dei Servizi Energetici (Gse), per la produzione di energie da fonti rinnovabili.

Stando alle indagini, la società “Le Verdi Praterie Srl” non avrebbe fornito dati veritieri nella fase di progettazione e costruzione a Isola Capo Rizzuto dell’impianto di biogas. Nonostante questo, l’azienda del Gruppo Marrelli avrebbe percepito indebitamente, dal 2011 al 2018, incentivi pubblici per oltre 14 milioni di euro. Per il gip, Antonella Stasi “è pienamente consapevole degli svariati profili di illiceità nella gestione dell’impianto, partecipando ad alcuni di essi ed attivandosi per la loro copertura e per la loro regolarizzazione postuma”. Dopo la morte del marito, inoltre, l’ex presidente della Regione sarebbe diventata “il riferimento decisionale per tutti gli altri indagati, impartendo direttive operative con riguardo alla prosecuzione di alcune pratiche illecite”.

Nell’ordinanza del gip si legge che “la società ‘Verdi Praterie’ ha trattato abusivamente, ingenti quantitativi di stallatico (sia deiezioni di allevamenti bufalini falsamente attribuite alla società medesima, che pollina proveniente da allevamenti di pollame)”. “È emersa – scrivono i magistrati – l’abusiva introduzione nel bio-digestore di almeno 55.524,39 quintali di pollina dall’anno 2012 al 21 novembre 2015”. Stando all’inchiesta della guardia di finanza, inoltre, “presso l’impianto della società è stato installato abusivamente un meccanismo di separazione mercelogica tale da privare la sansa (un sottoprodotto dell’estrazione dell’olio, ndr) immessa nell’impianto del suddetto nocciolino (combustibile ecologico, ndr). Tale attività esercitata abusivamente comporta che il ritiro di tale prodotto doveva essere gestito non in regime di sottoprodotto ma di rifiuto”. Secondo gli investigatori si trattava di “un’abusiva estrazione” del nocciolino dalla sansa di olive che poi ha consentito agli indagati di commercializzarlo.

Nella seconda metà del 2017, gli indagati hanno estratto dalla sansa “12.968,83 quintali di nocciolino, procurando al contempo un profitto derivante dalla vendita a terzi soggetti, sia privati non imprenditori che commercianti, ma soprattutto, a quegli stessi frantoi che avevano fornito la sansa vergine”. Stando alla normativa, però, un impianto di biogas potrebbe immettere nel digestore solo ed esclusivamente la sansa “tal quale, così come prelevata dai frantoi, senza sottoporla a preventiva denocciolatura. Consegue che i materiali in uscita, siccome non conformi al progetto autorizzato sono da considerarsi rifiuti”. “È provato – scrive il gip – che il ciclo di lavorazione delle suddette biomasse non rispetta i crismi normativi”. Per i pm “sui terreni ubicati nelle adiacenze dell’impianto di biogas, dal mese di settembre dell’anno 2017 al mese di febbraio del 2018, effettuava sversamenti sia di liquami provenienti dall’allevamento di bufalini, che di ulteriori liquidi per un totale di circa 4.300 quintali”.

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