Il suo nome non è passato inosservato nel 2016, quando ha iniziato a collaborare con l’allora ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti e ha creato scompiglio anche ora, dopo l’annuncio arrivato la settimana scorsa: salvo ripensamenti dell’ultimo minuto il vice capo ufficio legislativo del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, sarà l’avvocato Marco Ravazzolo, da circa tre lustri in Confindustria, dove negli ultimi anni è stato responsabile dell’Area Ambiente. Mossi i primi passi nella Erg Petroli, nel corso degli anni in cui ha lavorato per la confederazione dell’industria italiana (ma anche nel periodo di collaborazione coordinata e continuativa con l’ex ministro Galletti) si è occupato di svariati temi, dalle emissioni alla bonifica dei siti inquinati, fino all’economia circolare, ma non abbandonando mai – come prevedibile – l’approccio industriale.

LA POLEMICA SU COSTA PER LA PLASTIC TAX – Lo dimostra anche la posizione espressa nel 2019 sulla plastic tax, la tassa sugli imballaggi di plastica. Appena inserita nel documento programmatico di bilancio 2020, è stata oggetto di un botta e risposta con l’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa, in occasione della prima giornata del Forum Compraverde Buygreen, a Roma. Chiara e già espressa la posizione di Confindustria sull’imposta. “Hanno cambiato nome ma così com’è, in pratica, è un aumento mascherato dell’Iva”, ha commentato Ravazzolo (ricordando che le imprese pagano già il Contributo ambientale Conai) salvo poi accettare il ramoscello di ulivo di Costa. “Io vi chiedo di fare squadra per rimodulare la tassa sulle plastiche in modo che sia applicabile solo a quelle non riciclabili”, la replica del ministro. In quell’occasione Ravazzolo si è detto favorevole al dialogo, mettendo però subito in chiaro: “Bisogna capire cosa si intende per plastica non riciclabile, perché il problema non è la plastica in sé, ma la corretta gestione del fine vita della plastica. Se la plastica la gestisci correttamente, la puoi riciclare all’infinito”. Peccato non sia proprio così, almeno non per la plastica che invade i nostri mercati, per una serie di ragioni. E lo dimostrano i dati internazionali sul riciclo. Solo la scorsa estate, d’altronde, è stato pubblicato uno studio su Science Advances in cui un team di chimici che lavorano tra Stati Uniti, Arabia Saudita e Cina annuncia di aver trovato una “possibile” soluzione, ossia un tipo di polimero riciclabile all’infinito. Si capisce, però, che siamo agli albori.

L’INTERROGAZIONE DEL 2016 – Di fatto, è stato proprio questo approccio a spingere, già nel 2016, i due parlamentari di Sinistra Italiana Serena Pellegrino e Filiberto Zaratti a presentare un’interrogazione chiedendo all’allora ministro Galletti, se non ci fosse incompatibilità o una inopportunità dell’incarico all’uomo di Confindustria. La risposta: “Allo stato non sussiste alcun conflitto di interessi, anche potenziale, che possa pregiudicare l’esercizio imparziale dei compiti che svolge l’avvocato Ravazzolo, compiti che comunque non attengono in alcun modo ad atti aventi rilevanza esterna, limitandosi esclusivamente alla collaborazione nelle istruttorie tecniche affidate agli uffici di diretta collaborazione del ministro”.

CONFINDUSTRIA E I REATI AMBIENTALI – Il suo impegno è andato avanti e, sospetti di incompatibilità a parte, Ravazzolo ha potuto offrire il suo punto di vista su diversi temi, dato che nel corso degli anni per Confindustria era già stato responsabile di diversi gruppi di lavoro, prima lavorando nell’ufficio legislativo e poi da responsabile dell’area Ambiente. Nell’associazione degli industriali italiani, infatti, era stato responsabile del comitato tecnico per il dissesto idrogeologico e per la riforma dei delitti ambientali, partecipando anche in Parlamento, durante le audizioni, ai lavori preparatori della legge 68 del 22 maggio 2015. La presenza di Confindustria era tesa a sottolineare la logica penalizzante e punitiva della riforma nei confronti delle attività produttive in generale, affinché il testo definitivo tenesse in maggior conto “gli obiettivi di politica industriale che il nostro Paese dovrebbe perseguire per recuperare la competitività del settore produttivo” sottolineavano i rappresentanti di Confindustria. Il 19 maggio 2015 il Senato ha approvato a stragrande maggioranza il ddl 1345 B, frutto del coordinamento di tre distinte proposte di legge a firma dei deputati Ermete Realacci (Pd), Salvatore Micillo (M5s) e Serena Pellegrino (Sel) e che introduceva nel nostro ordinamento cinque delitti ambientali, più una serie di aggravanti e un sistema di estinzione amministrativo delle contravvenzioni (esclusivamente per reati ambientali che non hanno cagionato danno o pericolo concreto di danno). Dieci giorni dopo, dal palco dell’assemblea nazionale di Confindustria a Expo, l’allora presidente Giorgio Squinzi ha iniziato ad elencare tutta una serie di manovre adottate dal governo che, a suo avviso, marciavano contro l’imprenditoria italiana. Fra queste anche “gli ecoreati” che, insieme al “nuovo falso in bilancio e alla Tasi sull’invenduto”, Squinzi riteneva “provvedimenti tanto assurdi che fatico a spiegarli all’estero. Si tratta di una giurisprudenza studiata scientificamente contro l’impresa”.

DAL CLIMA ALL’ECONOMIA CIRCOLARE – Sempre in Confindustria, Ravazzolo è stato coordinatore del gruppo tecnico per i cambiamenti climatici, che ha dato il suo contributo al raggiungimento di un accordo politico sulle proposte di obiettivi europei al 2030 per la riduzione delle emissioni di gas serra, lo sviluppo delle rinnovabili e la promozione dell’efficienza energetica, presentate dalla Commissione Europea a gennaio 2014. Ma ha coordinato anche i lavori per la proposta di direttiva sui tetti nazionali alle emissioni in atmosfera. “Confindustria, nell’ambito di BusinessEurope – scrive lo stesso Ravazzolo nel curriculum pubblicato allora dal ministero dell’Ambiente – ha collaborato attivamente con le Istituzioni, per fornire nel contesto europeo uno scenario il più possibile realistico e coerente della situazione attuale dell’Italia ed evitare il rischio di obiettivi sproporzionati”.

Tra le altre cose, l’avvocato è stato coordinatore del gruppo di lavoro per il Sistri (sistema di tracciabilità dei rifiuti mai entrato in funzione e soppresso definitivamente nel 2018) e responsabile del gruppo tecnico per le bonifiche dei siti contaminati, da sempre sostenitore di proposte per agevolare e velocizzare le operazioni di bonifica e reindustrializzazione, come ribadito anche nel dibattito sul Decreto clima. E se dopo il 2014 il gruppo di Confindustria da lui coordinato si è occupato – interagendo con la Commissione Ue – del pacchetto ‘Circular economy’ e della revisione delle direttive sui rifiuti, è proprio verso l’economia circolare che si è concentrato il suo impegno degli ultimi anni. Economia circolare, ben inteso, a patto che non ci rimetta l’industria.

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