Il Coronavirus è ormai dentro le carceri egiziane e inizia a mietere vittime. In quello di Tora al-Balad, il famigerato penitenziario alla periferia meridionale del Cairo, l’ultimo decesso risale alla mattinata di martedì con la morte di un ex professore del dipartimento di chirurgia ortopedica dell’Università Ain Shams. Ezzat Mohamed Kamel aveva 70 anni e nonostante i disperati appelli presentati dal suo avvocato alla Procura per la Sicurezza Nazionale per farlo curare in un ospedale esterno al carcere non c’è stato nulla da fare per salvargli la vita: “Con il professor Kamel salgono a nove le vittime per reati politici all’interno delle carceri egiziane dall’inizio del 2021, tutte per negligenza medica”, affermano in una nota alcune organizzazioni anti-regime.

Da quanto è stato possibile ricostruire, il professor Kamel si è infettato nel gennaio scorso dentro la prigione dove sono rinchiusi decine e decine di attivisti per la difesa dei diritti umani. Tra loro il ‘nostro’ Patrick Zaki che pochi giorni fa ha superato il primo anno di detenzione in attesa di giudizio. Il timore di contrarre il virus all’interno della prigione di Tora è uno degli scenari più temuti dai familiari e dai sostenitori di Zaki, soprattutto in considerazione della totale mancanza di cure mediche adeguate all’interno del penitenziario. Quelli che sono considerati i sintomi tipici della polmonite bilaterale, in Egitto come nel resto del mondo in piena emergenza pandemica, febbre alta, spossatezza e oppressione al petto, vengono considerati dalle autorità egiziane come semplici episodi influenzali. E probabilmente è quanto accaduto anche al professor Kamel, un professionista stimato, un docente universitario di livello, arrestato il 18 dicembre scorso e buttato dentro una cella con l’accusa infamante di ‘aver preso il comando di un gruppo terroristico’ in base ad un rapporto della Sicurezza Nazionale.

“Il dottore si è ammalato più di due settimane fa – spiega l’avvocato del defunto, Nabeh Elganadi -. Il procuratore non ha mai risposto ai nostri appelli per trasferirlo in un ospedale esterno al carcere per essere curato, nonostante la malattia aumentasse il suo peso e nonostante l’età”. L’ultimo appello per far curare il docente universitario è stato il 6 febbraio scorso, anch’esso caduto nel vuoto. Non è da escludere che il professor Ezzat Kamel si sia infettato nei giorni in cui è rimasto nella stazione di polizia subito dopo il suo arresto, prima del trasferimento a Tora. I sintomi, tuttavia, il docente li ha iniziati ad avere in cella e in due settimane lo hanno portato alla morte. Adesso l’avvocato e i familiari di Ezzat Mohamed Kamel attendono la salma per lo svolgimento dell’autopsia e l’apertura di un fascicolo sulla sua morte.

Le critiche al regime sulla gestione della pandemia in Egitto sono state fatali per Kamel, iscritto al caso giudiziario 970 del 2020. La notte del 18 dicembre i soliti sgherri della Nsa sono piombati dentro la sua abitazione, divisa con la famiglia, hanno sequestrato telefono e pc e da quel giorno di lui non si è più saputo nulla per una settimana. Il 26 dicembre Kamel è ricomparso davanti alla Procura della Sicurezza Nazionale che gli ha rinnovato il primo periodo di custodia cautelare in carcere. Come Zaki e tutti gli altri prigionieri di coscienza lasciati a marcire per anni senza processo.

A proposito di attivisti e Coronavirus, qualcosa di molto simile alla tragedia dell’ortopedico è accaduta ad Ahmed Douma, una delle anime della Rivoluzione di piazza Tahrir del gennaio 2011. Douma, 35 anni, arrestato sotto ogni regime che si è alternato negli ultimi quindici anni, a differenza di Zaki e di tanti altri, una condanna l’ha ricevuta all’ergastolo nel febbraio del 2015, poi ridotta a 15 anni nel gennaio 2019. La sua positività al Coronavirus è notizia di questi giorni, denunciata dallo stesso Douma proprio nel giorno della morte del professor Kamel. Rispetto al docente, Douma ha la metà degli anni e questo per ora sta facendo la differenza, ma la situazione clinica del noto blogger (il suo volto stampato sui muri di ogni strada del Cairo) è attenzionata.

La situazione resta comunque seria e tutte le organizzazioni dell’attivismo egiziano si sono mobilitate chiedendo cure specifiche per lui. Anche il giornalista di al-Jazeera Mahmoud Hussein, scarcerato pochi giorni fa dopo quattro anni di carcere, avrebbe contratto il Coronavirus secondo le ong del Cairo. Hussein divideva la cella con Douma nella sezione di Tora Liman e forse non è un caso che entrambi siano risultati positivi al virus. Lo stesso Douma oltre a rendere nota la sua malattia ha fatto emergere l’ipotesi che all’interno del penitenziario di Tora i casi di Covid-19 possano essere diversi.

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